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    Gli Usa lasciano l’Afghanistan, i talebani festeggiano: tornerà il terrore islamista

    Non si è fatto neanche in tempo a parlare di fuoriuscita
    dall’Afghanistan che già da Kabul arrivano dichiarazioni di giubilo da parte
    dei talebani. “La nostra jihad ha costretto gli americani a lasciare
    l’Afghanistan e a optare per un’opzione politica”, ha dichiarato il capo
    dei negoziatori del gruppo afghano, Sher Abbas Stanikzai, in un video di
    propaganda pubblicato dopo i colloqui in Qatar con i diplomatici di Washington.
    I negoziati però, secondo il presidente americano Donald Trump, “stanno
    andando bene”. L’inviato degli Stati Uniti per la riconciliazione in
    Afghanistan, Zalmay Khalilzad, ha infatti incoraggiato i talebani a impegnarsi
    anche in colloqui diretti con il governo afghano. “Vorremmo porre fine alla
    violenza il prima possibile. Non possiamo lasciare la situazione in uno stato
    di incertezza. Dobbiamo completare il processo per il benessere del popolo
    afghano”, ha aggiunto. E infatti se le truppe Americane e quelle della
    coalizione (compresi gli 800 militari italiani di stanza ad Herat) dovessero
    lasciare l’Afghanistan la certezza è che i Talebani riconquisterebbero il
    potere ristabilendo un regime di terrore, se possibile, peggiore del
    precedente. Sì perché da quel lontano 7 ottobre del 2001, giorno dell’inizio
    dell’ultima guerra afghana, truppe occidentali, statunitensi e britanniche in
    testa, hanno incrementato sempre di più la loro presenza territoriale per
    sostenere il nuovo governo di Kabul, mettendo sotto paga parte della medio-alta
    borghesia del Paese grazie a robusti stipendi. Professori universitari,
    ingegneri, uomini di lettere afghani abbandonavano il proprio lavoro per i
    lauti stipendi che percepivano persino per lavori di guardiania. Che ne sarà
    adesso di loro? Quell’operazione di sostegno al neo governo si chiamava
    Enduring Freedom: libertà duratura. Nome che ha lasciato il posto a Resolute
    Support, la missione iniziata il 1° gennaio 2015 che vede impegnata una forza
    multinazionale non di combattimento ma di addestramento delle forze speciali
    afghane. Se in questi giorni la diplomazia internazionale è al lavoro per
    capire gli effetti di un eventuale ritiro delle truppe dal suolo afghano in
    casa nostra non si è capito neanche chi e quando, in caso, lo deciderà. La
    mossa a sorpresa con cui la ministra Elisabetta Trenta ha annunciato il ritiro
    delle truppe dall’Afghanistan ha sorpreso un po’ tutti. Da Israele il ministro
    degli Esteri Enzo Moavero Milanesi ha ribadito al premier che non ha mai
    discusso con la responsabile pentastellata della Difesa sul possibile rientro
    del nostro contingente mentre Palazzo Chigi sarebbe stato avvertito all’ultimo.

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