Ashraf
Marwan è l’agente più prezioso che Israele abbia mai avuto. Ahron Bregman,
docente presso il Department War Studies del King’s College di Londra, ricostruire
la storia della spia che ha fatto tremare il Medio Oriente in un libro che
procede con un ritmo sostenuto, al limite tra la cronaca giornalistica e la
cronaca storica. Marwan, classe ’44 e laureato in chimica, sale rapidamente i
gradini del potere in Egitto sposando Mona, la figlia di Gamal Abdel Nasser che
mostra fin da subito poca simpatia per quel genero “farfallone e inaffidabile”.
Con l’ascesa di Anwar Sadat qualcosa cambia e nel 1970 Marwan chiama
l’ambasciata israeliana a Londra per offrire i suoi servigi, “perché vuole
stare dalla parte dei vincitori”. Le spie che i film ci propinano appaiono
spesso fredde e calcolatrici, talvolta spietate, ma questo ritratto non
aderisce alla descrizione che Bregman fa di Marwan, che “non è un superuomo”,
ma stressato, umano e un po’ pressappochista. Il corpo di Marwan viene trovato
il 27 giugno del 2007 in un giardino di rose a pochi metri da Piccadilly Circus
e i giornali britannici, israeliani ed egiziani parlano di una morte
misteriosa: suicidio? Omicidio? Chi è davvero Ashraf Marwan? Una spia al soldo
dell’intelligence israeliana o egiziana? Ahron Bergman ricostruisce lo scambio
avuto con Marwarn fino al giorno prima della sua morte quando ansioso e scosso
gli chiede di incontrarsi il giorno successivo. Inutile dire che quell‘incontro
non ebbe mai luogo.