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    Italia e Israele nel libro di Mario Toscano alla fiera “Più libri più liberi”

    Sala piena e
    ritmo serrato, come impongono le presentazioni a “Più libri, più liberi”, la
    fiera della piccola e media editoria che si è conclusa ieri a Roma, per
    “L’Italia racconta Israele, 1948-2018” curato da Mario Toscano ed edito da
    Viella. Un libro costruito selezionando i materiali del racconto pubblico in
    Italia su Israele a partire dal 1948, l’anno dell’Indipendenza: otto capitoli,
    uno per ciascun decennio di autori diversi per età e orientamento ma accomunati
    da un condiviso rigore di analisi. “L’obbiettivo – spiega Toscano, professore
    di storia contemporanea all’università La Sapienza – era individuare le
    modalità del racconto, identificare le rappresentazioni e identificare gli
    stereotipi”. “Si è trattato – prosegue – di scoprire come abbiano agito le
    sedimentazioni di quelle culture politiche che hanno dominato lo scenario
    italiano: la cultura cattolica, quella marxista e quella degli studiosi laici.
    Certo – sottolinea con forza – emerge con evidenza la sovraesposizione del tema
    fin da quando, nel dopoguerra, i giornali avevano due, massimo quattro pagine”.
    Al tavolo, coordinati da Giuseppe Di Leo di Radio radicale, si sono susseguiti
    gli autori dei differenti capitoli, in rigoroso ordine cronologico. Per Claudio
    Brillanti, autore del capitolo sul 1958, “negli anni del panarabismo dominante
    in medio oriente in Italia c’è un’ attenzione stranamente decontestualizzata
    verso Israele che invece risente del mito del kibbutz, luogo e forma del
    collettivismo realizzato non associato ad una forma autoritaria”.  Ma all’immagine di un paese aperto e capace
    di assorbire immigrati da decine di realtà diverse si sostituisce nel 1968 – il
    capitolo è a cura di Alessandra Tarquini – “una spaccatura tra la stampa di
    sinistra e quella moderata dove la guerra del ‘67 assorbe e sovrasta la
    riflessione sul ventennale. Sono gli anni in cui si affaccia per la prima volta
    il paragone tra ciò che Israele compie verso la popolazione palestinese e ciò
    che gli ebrei hanno sofferto dai nazisti durante la Shoah”. “Nel 1978 –
    prosegue il percorso Monica Miniati – i giochi erano fatti, nella stampa
    italiana la riflessione su Israele era la questione palestinese. Eppure anche
    quando la stessa stampa di sinistra era estremamente critica verso Israele,
    finiva comunque con l’offrire l’immagine di una società articolata e
    composita”. Il capitolo successivo – e l’intervento – di Pierluigi Allotta ha
    un titolo inequivocabile – e ben lo ricorda chi ha vissuto quegli anni – “1988.
    Israele sotto accusa”: “E’ un decennio tragico, c’è lo scoppio della prima
    intifada, la prima visita in Israele di un capo di stato italiano, Cossiga. E
    c’era stata la visita del Papa al Tempio maggiore accolto dal rabbino Elio
    Toaff”. Il capitolo curato da Guri Schwartz – assente alla presentazione – è
    “1998. Israele tra letteratura e politica”: sono gli anni dell’ottimismo, delle
    speranze per lo sviluppo delle trattative di pace, paiono gli anni di una
    tregua interpretativa in cui sul mercato editoriale italiano si affermano con
    un successo straordinario e sorprendente i grandi della letteratura israeliana
    contemporanea: David Grossman, A B Yehoshua, Amos Oz. Nel 2008 lo scenario è
    cambiato: a darne conto, nel libro e al tavolo dei presentatori, è Arturo
    Marzano: “E’ un abisso, è cambiato tutto, c’è stato l’11 settembre, la seconda
    Intifada e arriva in Italia l’antisionismo legato al boicottaggio, di cui il
    simbolo è stato quello della fiera del libro di Torino proprio del 2008”. Per
    il “2018 e oltre” il saggio è firmato da Alberto Cavaglion mentre la presenza
    al tavolo è di David Bidussa: “Esiste oggi nel linguaggio pubblico – spiega
    Bidussa –  un’immagine fumettistica di
    Israele legata all’efficienza, alla rapidità della crescita, all’innovazione
    tecnologica. E’ sorprendente come manchi la riflessione su Israele su temi che
    ci possono invece essere vicini: da nessuna parte si cita ad esempio
    l’integrazione di Israele degli ebrei russi che allora ha rappresentato il 21
    per cento della popolazione israeliana. Di questa capacità di inclusione
    nessuno ha parlato o parla”. I tempi brevi delle presentazioni impediscono gli
    approfondimenti di cui si auspica invece nel libro: “che possa essere la base
    di ulteriori ricerche, volte ad ampliare la conoscenza di un capitolo della
    storia italiana recente e dei dibattiti appassionati svolti su un tema
    delicato”.  

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