Continua a
ridursi – anche se lentamente – il peso delle tasse in Italia, sceso nel 2017
al 42,4% del Pil. Lo conferma il rapporto ‘Revenue Statistics’ dell’Ocse, che fissa
in 0,2 punti la riduzione delle tasse nel nostro paese rispetto al
Pil, mentre sul 2015 il calo è di 0,7 punti. Al vertice di questa
classifica si colloca la Francia dove invece in questi ultimi tre anni le
entrate da tassazione hanno continuato a salire, passando dal 45,3% del
Pil nel 2015 al 46,2% nel 2017. Alle sue spalle la Danimarca (con
un peso delle tasse al 46% del Pil) e il Belgio (44,6%). La classifica è stata
comunque ‘stravolta’ dal repentino calo della tassazione in Islanda dove il
dato 2016 era al 51,6% per via di un contributo straordinario pagato dagli
istituti di credito per chiudere il capitolo dei controlli sui capitali
varati dopo lo scoppio della crisi finanziaria. Nel 2017 nella piccola isola il
rapporto fisco/pil è così sceso al 37,7%%, in pratica lo stesso valore del
2015. La classifica Ocse – con una media in aumento al 34,2% dal 34% del
2016 – invece vede il peso della tassazione più leggero in
Messico (16,2% del Pil), Cile (20,2%) e Irlanda (22,8%).
La tabella dell’Organizzazione
registra una sorta di equilibrio fra paesi in cui il fisco diminuisce e paesi
in cui aumenta. Fra questi ultimi, gli Stati Uniti (+1,2 punti ma a
un modesto 27,1% del Pil), Germania (+0,1 punti al 37,5%) e
soprattutto Israele (+1,4 punti al 32,7%). Guardando alla composizione delle
tasse nel nostro paese, la parte del leone la fanno i contributi
previdenziali, pari al 30,1% delle entrate (ma in questo caso i dati sono del
2016) seguiti da redditi personali (25,8%), Iva (14,4%), altre tasse sui
consumi (13,8%), tasse sui beni immobili (6,6%). Davvero ridotto – solo il 5%
del totale rispetto al 9% della media Ocse – il contributo della tassazione sui
redditi societari: al contrario, in Australia, dove il peso dei
contributi previdenziali è pari a zero, questo tipo di tasse rappresentano il
16,5% del totale. (Mge/AdnKronos)