di Giorgia Calò, critica d’arte
Ludwig Pollak fu uno dei maggiori esperti di antichità della sua epoca, grande archeologo, abilissimo mercante d’arte e consulente dei più importanti collezionisti dell’epoca. Tra le sue scoperte va citato il ritrovamento del braccio originale del Laocoonte, da lui stesso donato al Vaticano, che gli valse il conferimento della Croce di Commendatore da Papa Pio X (fu il primo ebreo non convertito a ricevere questa onorifcenza).
Di Pollak vanno ricordate anche le sue preziose collezioni: quella Goethiana che scandisce la sua biografia intellettuale, e quella Judaica che esprime la sua appartenenza al mondo ebraico del ghetto di Praga, luogo di origine della sua famiglia. Per entrambe le collezioni Pollak dedicò tutta la sua vita, investendo lavoro, ricerca e passione.
Tra i pezzi di judaica da lui collezionati c’è una Haggadah del XIV secolo che Pollak destinò dopo la sua tragica morte a David Prato, allora Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, con cui strinse una solida e sincera amicizia durante gli anni del suo lungo soggiorno romano.
Pollak era l’esempio di ebreo intellettaule perfettamente integrato nella cultura occidentale, iscritto alla comunità ebraica di Roma non si salvò dal tragico destino che lo accomunò ai sei milioni di ebrei uccisi dalla ferocia nazista, indistintamente dalla loro estrazione sociale, livello culturale o grado di osservanza alla religione. Così, il 16 ottobre 1943 fu prelevato dalla Gestapo nel suo appartamento di Palazzo Odescalchi e portato ad Auschwitz da cui non fece più ritorno. La deportazione di Pollak e della sua famiglia ad Auschwitz sanciscono la fine di un sogno comune a molti intellettuali ebrei, che vedeva nelle radici della cultura europea il superamento del pregiudizio razziale.
La mostra si focalizza sul rapporto tra Pollak e il politico, intellettuale e mecenate Giovanni Barracco, legati da una profonda stima reciproca, e con Sigmund Freud, uniti da una serie di affinità come la passione per l’archeologia (che fornirà al fondatore della psicoanalisi un paradigma scientifico), la cultura della Vienna di fine secolo, le origini ebraiche e l’antisemitismo.
“Eravamo entrambi ebrei e sapevamo che eravamo portatori di un qualcosa di misterioso che sfugge ad ogni analisi e definisce l’ebreo” (Sigmund Freud).