di Donato Grosser
Arrivato al confine di Eretz Israel, il patriarca Ya’akov
(Giacobbe) mandò dei messaggeri al fratello gemello Esau al paese di Se’ir per
informarlo che dopo essere vissuto per tanti anni presso il suocero Lavan stava
ritornando a casa (Bereshìt,
32:4-6).
Il Nachmanide (Girona, 1194-1270, Acco)
nel suo commento scrive che in questa parashà
c’è un’allusione alla storia del popolo d’Israele, perché quello che avvenne a
Ya’akov con il fratello Esau è un esempio di quello che capiterà sempre ad
Israele con i discendenti di Esau. Pertanto è opportuno usare la stessa
strategia di Ya’akov che si preparò all’incontro con il fratello con la
preghiera, con regali e pronto a combattere. I Maestri osservarono che Ya’akov
non avrebbe dovuto informare Esau del suo arrivo. Così facendo Ya’akov “Svegliò
il can che dorme” perché Esau non aveva affatto pensato di andargli incontro.
Un errore simile fu commesso dagli Asmonei che fecero un patto con Roma. Questa
decisione causò più tardi la caduta del regno d’Israele nelle mani dell’impero
romano.
Temendo
il peggio, Ya’akov “divise in due gruppi separati la gente che era con lui e
così pure il gregge, le mandrie e i cammelli, dicendo che se Esau avesse
attaccato uno dei due accampamenti, quello rimanente si sarebbe salvato”
(ibid., 32:8-9).
Nel
Talmud babilonese (Sanhedrin, 39b) i
Maestri citando il libro dei Re (I Melakhìm,
18:4) menzionano che quando Jezabel, moglie del re Akhav, cercò di sterminare i neviìm (profeti), ‘Ovadyà, il direttore
della casa reale, prendendo esempio dal patriarca Ya’akov, prese cento neviìm e
li nascose cinquanta in una grotta e cinquanta in un’altra grotta.
R. Barùkh Halevi Epstein (Belarus,
1860-1941) in Torà Temimà (p. 317,
nota 3) scrive che ‘Ovadyà divise i neviìm
in due gruppi per evitare che Jezabel li uccidesse tutti se fossero stati
scoperti in un solo nascondiglio. Lo stesso ragionamento viene usato dai
Maestri anche per le proprietà. Nel trattato Bavà Metzi’à (107b) R. Yochanàn raccomandava di dividere le
coltivazioni in tre parti: un terzo a grano, un terzo a olivi e un terzo a
viti. Rashì (Francia, 1104-1104)
spiega che vi sono anni nei quali viti e olivi vengono danneggiati e ciò non
avviene con il grano, o viceversa, e in questo modo c’è sempre qualcosa che si
salva.
Durante
la Prima Guerra Mondiale, quando il fronte si avvicinava alla cittadina di
Radin, allora in Polonia al sud del confine con la Lituania, dove era locata la
residenza e la yeshivà di R. Israel Meir
Kagan (Belarus, 1839-1933) detto Chafetz Chayim dalla sua opera più famosa,
i capi della yeshivà deliberarono sul da farsi. Se fossero rimasti tutti sul
posto avrebbero rischiato di rimanere coinvolti nei combattimenti e inoltre
c’era il pericolo che i russi li avrebbero accusati di spionaggio a favore dei
tedeschi perché la lingua yiddish era un dialetto derivato dal tedesco. R.
Kagan disse che il Creatore aveva già dato istruzione nella Torà di come
comportarsi in tali frangenti e cioè di seguire l’esempio di Ya’akov e
dividersi in due gruppi.
Anni
dopo, nel 1931, durante il primo giorno della festa di Sukkòt dopo la tefillà il
nonagenario Chafetz Chayim disse che temeva che si sarebbe avvicinato un
periodo in cui tutti sarebbero stati in pericolo. Quando i nazisti vennero al
potere in Germania il 30 gennaio del 1933, R.
Yosef Shelomò Kahaneman (Lituania, 1886-1969, Bene Berak) chiese al Chafetz
Chayim se i nazisti sarebbero riusciti a distruggere tutti gli ebrei. Il
Chafetz Chayim rispose che nessuno sarebbe mai riuscito a distruggere Israele citando
il versetto: “Se Esau avesse attaccato uno dei due accampamenti, quello rimanente
si sarebbe salvato”. R. Kahaneman allora chiese dove era l’accampamento che si
sarebbe salvato. Il Chafetz Chayim rispose che la risposta era nei libri dei
neviìm (profeti) dove è scritto: “E sul monte Sion vi sarà la salvezza e sarà kòdesh,
intoccato” (‘Ovadyà, 1:17). R. Kahaneman, lasciata la Lituania dove era stato
capo della yeshivà di Ponevezh e anche membro del parlamento, si imbarcò a
Trieste ed arrivò in Eretz Israel nel 1940 dove fondò nuovamente la sua
yeshivà. Sul muro della yeshivà affisse l’iscrizione: “E sul monte Sion vi sarà la salvezza e sarà kòdesh”
(in allegato la foto della yeshivà nel giorno dell’Indipendenza con la bandiera
dello Stato d’Israele).