Quella di Frida Misul, livornese di origine ebraica, è la storia di una sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz, una sopravvissuta che ha documentato il suo calvario in un diario, affinché la memoria venisse tramandata di generazione in generazione. Una vicenda ripercorsa da “Pietre d’inciampo”, la nuova docu-serie storica ideata da Simona Ercolani, prodotta da Stand by me in collaborazione con Rai Cultura e condotta dalla giornalista Annalena Benini, in onda in prima visione giovedì 22 ottobre alle 20.45 su Rai Storia (canale 54). Frida proviene da una famiglia modesta che, nonostante le difficoltà, la sostiene in tutto e per tutto nella sua grande passione: il canto lirico. Negli anni ’30 Frida studia per diventare soprano e si esibisce spesso nei teatri di Livorno con lo pseudonimo di Frida Masoni, a causa delle leggi razziali. Ma nel 1943 la sua esistenza viene sconvolta: qualcuno che le è molto vicino la denuncia come ebrea, così Frida viene arrestata e trasferita a Fossoli, prima di essere deportata ad Auschwitz nel 1944. Costretta ai lavori forzati, si ammala e viene ricoverata all’ospedale del campo. Qui Frida canta per cercare di alleviare il dolore delle sue compagne di prigionia, catturando anche l’attenzione dei medici e dei militari che, colpiti, le riservano un trattamento meno disumano. Quando Frida lascia la Polonia viene costretta a marciare sulla neve, per chilometri e chilometri, verso altri campi di concentramento. Si trova a Terezin, la mattina del 9 maggio 1945, quando l’Armata Russa entra nel lager. È stremata, ma viva. La pietra di inciampo a lei dedicata si trova in via Chiarini 2, lì dove un tempo c’erano le case abitate dagli ebrei, nei pressi della sinagoga di Livorno.