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    A PREDAPPIO IL BUSINESS DELLA NOSTALGIA, ADESSO 4.0

    Pare che l’aforisma celebre Andy Warhol l’abbia coniato insieme
    con il fotografo Nat Finkelstein: “In futuro tutti potranno essere famosi nel
    mondo, per 15 minuti”. Profezia confermata la prima volta il 3 giugno 1968 a
    New York quando Valerie Solanas sparò all’artista, che si salvò
    miracolosamente. All’epoca la comunicazione planetaria era già istantanea, però
    si doveva accendere la radio o la TV. Adesso basta un telefonino connesso a
    Internet h24. Il maestro di Predappio (così amava definirsi Benito Mussolini
    nato a Dovia di Predappio nel 1883 e maestro diplomato dal 1901) conserva
    ancora schiere di nostalgici. Come infatti venivano chiamati fino a quando
    l’estrema destra non si dissolse, confluendo nel partito che alla metà degli
    anni ’90 del secolo passato divenne in Italia forza politica di governo. La
    vecchia destra irriducibile ed estrema era passata così nel cosiddetto arco
    costituzionale. Le sopravvissero naturalmente gruppi e gruppuscoli. La
    maglietta esibita da una manifestante a Predappio, nel corso di uno dei
    periodici pellegrinaggi alla casa e alla tomba di famiglia dei Mussolini,
    intendeva provocare, più e meglio che offendere. Sicuramente la signora felice
    e sorridente puntava al risultato. Visibilità in rete per almeno una mezza
    giornata, altro che il quarto d’ora di Andy Warhol. Apprezzamento sotterraneo
    sui social dell’estremismo pasticcione, e invece disapprovazione e condanna da
    parte dell’ultradestra movimentista. Che è colta, ideologizzata, e molto più
    inquietante. Lavora per la rinascita sotto altra forma delle forze che
    apparvero in Italia nel 1922 e in Germania nel 1933, e sa individuare luoghi e
    situazioni per fare politica. Dello scontro che ha segnato la storia
    dell’Europa e dell’umanità durante la Seconda guerra mondiale conserva memoria
    rovesciata rispetto alla nostra. Insomma i neofascisti veri hanno purtroppo
    trovato ancora una volta, grazie alla signora in T-shirt, l’occasione buona. A
    Predappio, comune amministrato da una lista civica, sembra che la nostalgia sia
    business. La T-shirt di sicuro non verrà copiata dai locali rivenditori di
    cimeli e memorabilia, che hanno ben altro (per credere, vedere in rete). Ci
    sarà anche un discusso e discutibile museo del fascismo. Per il progetto e lo
    stato di avanzamento si possono consultare tutti i www che servono, ben
    reperibili. Ma l’Italia è fatta di storie parallele. I fascisti si annidarono, perdonati
    e riciclati secondo le più robuste tradizioni italiche, nelle burocrazie e
    nella magistratura, anche tra le forze dell’ordine e tra i professionisti e gli
    imprenditori. Erano stati almeno 40 milioni. Avevano creduto al discorso del 10
    giugno 1940 e poi a quelli del dicembre 1941. L’Italia di Mussolini avrebbe
    sconfitto le democrazie e il comunismo sovietico in pochi mesi. Passata la
    bufera, per una trentina d’anni i nostalgici del si limitavano a funestare le
    file alla posta: “Si stava meglio quando si stava peggio!”. Alla violenza e
    alle intimidazioni si dedicarono nuovi squadristi giovani e giovanissimi, che
    la cosiddetta Legge Scelba del 1952 sicuramente non scoraggiava. Le autorità si
    guardavano bene dal renderla effettiva. Eppure appena 10 anni prima moltissimi
    italiani avevano potuto aprire gli occhi dopo Stalingrado e la ritirata, a
    piedi, che aveva ucciso quasi 200.000 ragazzi nel ghiaccio e nella neve. Figli,
    fratelli, mariti. Oggi basta una maglietta per dimostrare che la situazione è
    molto grave. Non copre i sintomi, li svela. 

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