Non una
tradizionale successione di documenti storici, pure toccanti e significativi,
ma un vero e proprio racconto, che
unisce la parte cognitiva a quella emotiva, per scuotere le coscienze,
soprattutto quelle dei giovani , affinché non dimentichino quel “capitolo
buio”, quella “macchia indelebile”, quella “pagina
infamante della nostra storia” che sono state le leggi razziali, emanate
80 anni fa. Prodromo delle deportazione e dello sterminio ad Auschwitz anche di tanti italiani
di religione ebraica. Più che una mostra nel senso tradizionale del termine,
“1938: L’umanità negata. Dalle leggi razziali italiane ad Auschwitz”
è una narrazione interattiva, ideata e curata dallo scienziato Paco Lanciano e
da Giovanni Grasso, portavoce del Capo dello Stato, per ribadire, con le parole
di Primo Levi, che “se comprendere è impossibile, conoscere è
necessario”.
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Ad inaugurarla al Quirinale questo pomeriggio il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Ed è stato proprio il Capo dello Stato a volere questo evento, per riproporre
una “lezione terribile che richiama oggi e sempre le nostre coscienze” ad essere vigili di fronte a
quei “focolai di odio, di intolleranza, di razzismo, di antisemitismo
presenti nelle nostre società e in tante parti del mondo”, tenendo vivi
quegli “anticorpi” con i quali il nostro Paese e l’Unione europea
possono e devono combatterli. Attraverso filmati storici ma anche immagini di
famiglie dell’epoca e documenti di vario genere, con l’ausilio di tecnologie
immersive e multimediali e la voce narrante di Massimo Pannofino, la mostra
cerca di creare un contesto che, soprattutto ai giovani visitatori, permetta di
cogliere la forza emotiva che trasmettono le varie testimonianze dell’epoca:
pagine di quotidiani; la copertina della rivista ‘La difesa della razza’, con
una spada che divide il volto di un italiano da un viso africano e da una
figura caricaturale di ebrei; un documento nel quale il tenente colonnello
Guido Levi de Leon è costretto a dichiarare la cosiddetta razza di
appartenenza. E poi la pagella con il marchio ‘razza ebraica’, di un bambino
che dopo l’estate del 1938 non potrà più far ritorno in quella che fino a giugno
era stata la sua classe, ricostruita con le sagome di banchi e alunni. C’è poi
la comunicazione trasmessa dal podestà di Arona, che certifica che in città
vivono solo tre ebrei. Infine il vagone, simbolo di un treno partito, ad
esempio, dalla stazione Tiburtina con 28 “carri di Ebrei”. Nell’ultima
sala la copia originale di quella Costituzione che rappresenta l’antidoto al
quale attingere per combattere antisemitismo e razzismo.