PROBLEMI DI HALAKHÀ CONTEMPORANEA ALLA LUCE DELLA PARASHÀ SETTIMANALE. PARASHÀ DI NOACH 5779: CONVINCERE UNA DONNA NON EBREA A NON
ABORTIRE.
Colombo
Domanda: si
presentò in un ospedale di Gerusalemme una donna che dichiarò in un perfetto
ebraico di voler abortire non avendo sufficienti mezzi economici per poter
crescere con serenità il proprio bambino. Gli addetti dell’ospedale fecero di
tutto per convincere la donna a portare avanti comunque la gravidanza. Misero
inoltre in contatto la signora con un’associazione ebraica che aiutava le mamme
in difficoltà economica offrendo a queste un’occupazione e pure del denaro in
tzedaká. Grazie a tali promesse d’aiuto la donna si decise a non abortire.
Quando presentò i propri documenti, si scoprì però che quella signora non era
ebrea. Furono poste quindi due domande ad un Tribunale Rabbinico locale: vi è
l’obbligo rabbinico di cercare di convincere anche una non ebrea a non
abortire? L’associazione che si è impegnata a trovare un lavoro alla donna e a
darle del denaro in tzedaká, è tenuta a mantenere i propri impegni?
Risposta: Il
Tribunale Rabbinico scrisse: “È detto nella Parashá di Noach riguardo
all’intera umanitá: colui che versa il sangue di un essere umano che si
trova in un essere umano, il suo sangue verrà a sua volta versato (Gen. 9,
6). Da tali parole s’impara che ad ogni donna, ebrea e non ebrea, è
assolutamente proibito dalla Torá scritta e dalla Torá orale abortire – se non
in caso reale di pericolo per la madre. Pertanto è un obbligo dato ad ogni
ebreo quello di cercare di convincere anche un Gentile a non abortire in quanto
il volere di D-o è che a nessun essere umano sia usata violenza. Nel Sèfer
Chasidìm è detto che se si vede anche un non ebreo trasgredire ad un volere
divino dato all’Umanità intera, si deve cercare di convincere il colpevole a
non peccare. Per tal motivo il Profeta Yoná fu mandato a Ninive per insegnare
agli abitanti non ebrei che vi abitavano il giusto comportamento da seguire.
Perciò, ha fatto bene l’ospedale a provare a convincere la donna non ebrea a
non interrompere la gravidanza e in tal modo dovrá comportarsi anche in futuro.
Sentito anche il parere di Rav Zilbershtein, s’invita inoltre l’associazione
benefica ad aiutare come promesso la madre in questione offrendo alla stessa un
aiuto economico e un lavoro in modo che la donna possa portare avanti la sua
gravidanza e crescere il proprio figlio”.