di Aldo Pavia – Presidente Associazione
nazionale ex-deportati Roma
I Carabinieri erano ritenuti dai
tedeschi non affidabili, ambigui e ancor più colpevoli di aver preso parte non
solo ai combattimenti a Roma – a Porta San Paolo e al ponte della Magliana
furono i giovani allievi guidati dal Capitano Orlando De Tommaso – ma anche
a Napoli dove non solo non avevano
disarmato la popolazione ma l’avevano aiutata nella rivolta. Colpevoli di
nascondere le armi o di renderle inservibili, di avvertire chi stava per essere
arrestato e di aiutare chi veniva rastrellato a fuggire, di non restare inermi
davanti alla barbarie contro la popolazione civile. Esemplare l’eroico
comportamento di Salvo D’Acquisto. Anche i fascisti della Repubblica sociale
italiana sapevano di non poter contare sull’adesione dei Carabinieri che
sarebbero restati fedeli al loro giuramento di fedeltà al Re. In particolare
poi Mussolini li riteneva colpevoli dell’uccisione, durante l’arresto nella sua
villa di Fregene, del gerarca Ettore Muti. E, in una lettera a Claretta
Petacci, arrivò ad affermare di aver voluto lui l’azione contro i Carabinieri,
ormai invisi alla popolazione in quanto responsabili del suo arresto e suoi
carcerieri. Herbert Kappler, comandante delle SS a Roma, aveva anche fatto
sapere a Berlino che la loro presenza sarebbe stata un serio ostacolo alla
deportazione degli ebrei romani. Una presenza quindi da rendere innocua. Il 6
ottobre il ministro della difesa nazionale della Rsi Rodolfo Graziani ordina al
generale Presti della P.A.I (Polizia dell’Africa Italiana) di provvedere, nel
corso della notte incipiente ed entro le 8,15 del 7 ottobre, a disarmare l’Arma
dei Carabinieri a Roma consegnando gli ufficiali nei loro alloggi. I
disobbedienti dovevano essere uccisi e le loro famiglie arrestate. Il generale
di brigata Cosimo Delfini ordina come procedere: le armi raccolte saranno portate alla caserma Castro
Pretorio e consegnate alle autorità tedesche; tutti i militari, ufficiali
compresi, dopo essere stati disarmati, saranno consegnati nelle caserme
Podgora, Lamarmora, Pastrengo, Vittorio Emanuele II (sede della Legione
Allievi) e Giacomo Acqua. Ovviamente durante l’operazione verranno sospesi i
servizi dei Carabinieri nella città e tutto dovrà essere concluso entro l’ora
stabilita, le caserme saranno presidiate da paracadutisti tedeschi, pronti a fare
fuoco su eventuali fuggiaschi. La mattina del 7 ottobre, tutti i militari
vengono convocati nelle caserme e si comunica loro che, una volta consegnate le
armi, sarebbero stati messi in libertà. Ma è un inganno: durante le operazioni
di disarmo i militari tedeschi, armi
alla mano, intervengono e li bloccano. Si dice loro che saranno portati nel
Nord e lì impiegati, ma dalle stazioni ferroviarie Ostiense e Trastevere
vengono deportati in prigionia nel Reich, dove lavoreranno certamente, ma da
schiavi. Gli ufficiali raggiungeranno la Polonia, nei campi di Deblin e di
Czestchowa. Quanti furono i Carabinieri arrestati e deportati da Roma? Avendo i
nazisti dato alle fiamme gli archivi non è possibile avere dei numeri certi.
Secondo il generale Delfini furono 1.500, ma fonti tedesche parlano di circa
2.500. Quanti non tornarono? Secondo l’Arma dei Carabinieri certamente 620.
Almeno 2.000 Carabinieri
riuscirono a sfuggire all’arresto: molti di loro formeranno il Fronte
clandestino di Resistenza dei Carabinieri, guidato dal generale Filippo Caruso,
Medaglia d’Oro al Valor Militare. Furono attivi in operazioni di informazione e
di guerriglia e sabotaggio. Tra i Carabinieri caduti nella Resistenza romana,
Giovanni Frignani, Raffaele Aversa e Ugo De Carolis, assassinati alle cave
Ardeatine. Neutralizzati i Carabinieri, poco più di una settimana dopo a
Kappler fu possibile realizzare quanto gli era stato ordinato: la grande razzia
degli ebrei romani.