di Donato Grosser
La Torà inizia con le
parole: “Bereshìt barà E-lo-him et
ha-shamàim ve-et ha-Aretz” (“In principio creò Dio il cielo e la terra”).
Nel Talmud Yerushalmi (Chaghigà, 2:5)
i maestri chiedono: Perché il mondo è stato creato con la Bet (di Bereshìt, la seconda lettera
dell’alfabeto) e non con la Alef (di E-lo-him,
la prima lettera dell’alfabeto)? E risposero: la Bet è una lettera che esprime berakhà (benedizione) mentre la Alef esprime
arirà (maledizione)…”.
R. Barùkh Ha-Levi Epstein (Babruyisk, 1860-1941, Pinsk) in Torà Temimà commenta che questo passo
midrashico del Talmud non può essere spiegato letteralmente perché vi è tutta
una serie di parole che iniziano con la lettera Bet che hanno un significato
negativo, come per esempio bekhiyà
(pianto) e beghidà (tradimento). E
d’altra parte vi sono molte parole che iniziano con la lettera Alef che hanno
un significato positivo, come per esempio, orà
(luce), ahavà (amore) e achavà (fratellanza). Inoltre questo
passo midrashico non indica quale parola sarebbe stata usata per iniziare con
la lettera Alef. R. Epstein commenta che
la Torà avrebbe dovuto iniziare con il nome “E-lo-him” che inizia con la lettera Alef. Il motivo per cui inizia
con la lettera Bet è che il nome “E-lo-him”
viene usato nella Torà per denotare che Dio è giudice e nel Midràsh (Bereshìt Rabbà, 12) i maestri insegnano che il mondo non sarebbe
potuto sopravvivere con la sola giustizia. Per questo il Creatore aggiunse la “Midàt ha-Rachamìm”, la caratteristica
della misericordia, rappresentata dal Nome di quattro lettere (yud-heh-vav-heh). Il Nome di quattro
lettere, il Tetragramma, comprende passato, presente e futuro del verbo
“essere” e quindi viene tradotto con la parola Eterno. Questo nome appare per
la prima volta nel secondo capitolo di Bereshìt
con le parole: “Queste sono le cronache del cielo e della terra quando
furono creati, nel giorno in cui l’Eterno Iddio completò il cielo e la
terra”.
L’ordine delle prime parole
della Torà fu cambiato dai saggi che tradussero la Torà in greco su richiesta
del re Tolomeo II Filadelfo che regnò ad Alessandria in Egitto tra gli anni 286-245
aE.V. Nel Talmud Babilonese (trattato Meghillà,
9a) è raccontato: “Avvenne che il re Tolomeo raccolse settantadue saggi e li
fece alloggiare in settantadue camere separate e disse loro: «Scrivetemi [in greco] la Torà del
vostro maestro Moshè». Il Santo Benedetto fece in modo che tutti concepissero la stessa idea e
tradussero: «Dio creò in principio»”. I saggi cambiarono l’ordine delle parole in modo che non si potesse dire
che Bereshìt era la causa prima che
creò Dio. Questo non fu il solo cambiamento fatto dai settantadue saggi: nel
trattato Megillà sono elencati altri
cambiamenti che i settantadue saggi fecero nella traduzione per evitare
incomprensioni o una parola che avrebbe insultato la moglie di Tolomeo. Questa
traduzione fu chiamata Septuaginta, perché fatta da settanta traduttori.
Un altro passo midrashico del
Talmud su questo argomento appare nel trattato Tamìd (32a) dove è raccontato che quando Alessandro il macedone
passò per la terra d’Israele, chiese agli anziani del meridione del paese cosa
fosse stato creato per primo, il cielo o la terra. Essi risposero che il cielo
fu creato per primo perché nel primo versetto della Torà è scritto “il cielo e
la terra”. Alessandro domandò anche se la luce fosse stata creata prima
dell’oscurità e gli anziani risposero che la domanda non era risolvibile. In
effetti nel testo della Torà è scritto che l’oscurità esisteva prima della
luce. R. Epstein scrive che gli anziani risposero così perché non volevano
entrare in discussioni sui misteri della creazione.