di Dario Coen
A febbraio 2019 avrebbe fatto 90 anni, ma un infarto improvviso ieri ha tolto la vita ad Ada Di Segni in Di Consiglio, moglie di Pacifico uno dei fondatori e leader indiscusso del volontariato della comunità ebraica romana dal dopo guerra ai nostri giorni. Fortuna, detta Ada, soprannominata Anita per il suo coraggio e le sue storie ribelli vicino al marito Moretto, gran bella donna, una signora, sempre elegante, con il passo distinto la si vedeva sempre passeggiare per il quartiere ebraico senza mai dare troppa confidenza, a testa alta, ma con un sorriso per ognuno. Una donna forte, che è riuscita ad essere affianco del marito in ogni momento, amica del prof. Elio Toaff rabbino capo di Roma di allora, e rispettata da tutta la Comunità per il suo carisma e la sua tenacia nel non aver mai avuto paura di nessuno.
Una donna in prima fila vicino a Pacifico con il quale ha avuto due figli, Alberto e Daniela che negli ultimi anni l’hanno aiutata ad archiviare tutta la documentazione di famiglia e le numerose attività a favore di Israele, degli ebrei nella ex Unione Sovietica e nei Paesi Arabi.
Singolare la sua reazione il giorno dopo l’attentato alla sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982 quando morì Stefano Gay Tachè bambino di 2 anni. In quell’occasione la comunità intera protestò contro le massime autorità locali e nazionali per una politica antisemita e filo palestinese. Quando il sindaco di allora Ugo Vetere, leader del Partito Comunista Italiano venne in comunità per il cordoglio della città e per testimoniare il lutto cittadino, Ada si avvicinò a lui, superando ogni barriera e gli diede una sberla sul viso, lasciando esterrefatti la scorta ed il suo seguito. Motivo della sberla? Un segno di protesta contro il Primo Cittadino di allora che aveva ricevuto in Campidoglio Yasser Arafat, capo dell’Olp, colpevole di numero attentanti in Israele ed in altre comunità europee. Questa una delle tante storie che hanno visto Ada non solo come compagna, moglie e braccio destro del marito Moretto, ma anche e soprattutto lei stessa come protagonista dell’attivismo ebraico italiano degli ultimo 50 anni, che nessuno potrà mai dimenticare. Una grande donna, una grande moglie, una grande mamma, ma soprattutto una grande ebrea che non si è mai nascosta ed ha saputo insegnare alle generazioni successive che l’hanno conosciuta, come non si deve mai aver paura di niente e di nessuno. Una Golda Meir italiana, una soldatessa del popolo d’Israele.