Mercoledì 11 luglio il Senato irlandese ha votato
una proposta di legge che vieta l’importazione di beni prodotti negli
insediamenti israeliani situati nei Territori palestinesi. Il disegno di legge
è stato presentato dalla senatrice indipendente Frances Black, la quale ha
definito gli insediamenti “una grave violazione del diritto internazionale”. Il
governo, guidato dal Primo Ministro Leo Varadkar del partito centrista Fine
Gael, si oppone a questa decisione, e ha invocato una linea comune dell’Unione
Europea sul tema. Tuttavia, alcuni membri indipendenti dell’esecutivo hanno
espresso il loro supporto, come il Ministro Finian McGrath. Il provvedimento è poi
sostenuto dal Fianna Fàil (il partito repubblicano irlandese attualmente
all’opposizione), dal Sinn Féin (il partito indipendentista di sinistra), dai
laburisti, dai socialdemocratici e dai verdi, oltre che da altri deputati
indipendenti, come l’ex Ministro della Giustizia Michael McDowell. Si sono
espressi in favore di questa decisione anche alcune associazioni del mondo
cattolico e personaggi famosi come il cantante dei Pink Floyd Roger Waters. Il
provvedimento non è comunque definitivo: l’iter parlamentare necessita di
ulteriori passaggi, per lo svolgimento dei quali potrebbero essere necessari
alcuni mesi; servirà sicuramente un dibattito e una votazione alla camera. Se
passasse, la Repubblica d’Irlanda diventerebbe il primo paese dell’UE a vietare
questi prodotti. La legge fermerebbe l’importazione di beni dagli insediamenti,
ma non si applicherebbe a quelli provenienti da Israele.
Il ministro degli Esteri Lieberman ha
criticato il voto del senato irlandese, definendolo “un’iniziativa populista,
pericolosa, estremista e anti-israeliana” ed ha proposto ‘di chiudere immediatamente l’ambasciata
israeliana a Dublino’. ”Convocare la ambasciatrice irlandese in Israele per
estenderle una protesta non ha senso” ha scritto Lieberman su Twitter. ”Con
chi ha pregiudizi su Israele non c’e’ scopo di discutere. Dobbiamo chiudere
l’ambasciata a Dublino: non porgeremo l’altra guancia a chi ci boicotta”.
Una portavoce dell’ambasciatore israeliano ha
dichiarato all’Irish Times che “l’ambasciata di Israele è
preoccupata da questo disegno di legge, che favorisce le divisioni tra Israele
e palestinesi. Qualsiasi tipo di legislazione che promuova un boicottaggio
dovrebbe essere respinta in quanto non fa nulla per favorire la pace, ma
piuttosto dà potere ai terroristi di Hamas e ai palestinesi che si rifiutano di
venire al tavolo dei negoziati. Chiudere le porte non giova al ruolo
dell’Irlanda. Ci sono due parti direttamente coinvolte nel conflitto:
boicottare una di loro non porterà giovamento ed è immorale”.
Ma perché questa posizione fortemente
anti-israeliana? Secondo Orde Kittrie, professore di diritto all’Università
dell’Arizona intervistato dal sito Jewish News Syndacate, molti irlandesi
vedono un’analogia tra l’attuale conflitto tra israeliani e palestinesi e
l’occupazione britannica dell’Irlanda (conclusasi nel 1921, con la questione
dell’Irlanda del Nord rimasta aperta). Questo l’atteggiamento tenuto sin dal
1948, tanto che il riconoscimento d’Israele da parte di Dublino avvenne solo
nel 1963, mentre relazioni diplomatiche furono stabilite solo nel 1996.
L’Irlanda fu anche uno dei primi paesi europei a evocare la Palestina come
Stato già nel 1980. Proprio in Irlanda, non a caso, il movimento BDS ha
raggiunto uno sviluppo particolarmente ampio, che oggi si propone di scrivere
una nuova pagina.
DANIELE TOSCANO