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    Ruth Dureghello, presidente comunità ebraica Roma: “La scomparsa di Amos Luzzatto lascia un vuoto sostanziale non solo nell’ebraismo, ma nella cultura e nella tradizione del nostro Paese”

    La scomparsa di Amos Luzzatto rappresenta una nuova grave perdita per l’ebraismo italiano, che negli ultimi mesi ha pianto tante figuri illustri, dal giornalista Arrigo Levi ai testimoni della Shoah Alberto Sed e Piero Terracina, solo per citarne alcuni. Una generazione, quella nata tra gli anni ’20 e ’30, che ha vissuto una delle pagine più dolorose della storia ebraica recente, ma che ha saputo impegnarsi in un processo di ricostruzione di cui oggi possiamo cogliere i frutti. Presidente Ruth Dureghello, che significa per l’ebraismo italiano la perdita di Amos Luzzatto?

    La scomparsa di Amos Luzzatto lascia un vuoto sostanziale non solo nell’ebraismo, ma nella cultura e nella tradizione del nostro Paese, peraltro in un momento in cui le vicende di cronaca vedono riaffiorare elementi di odio e spaccatura, proprio ciò che figure come Amos Luzzatto hanno contribuito a combattere con la loro esperienza e con il loro impegno. Luzzatto è stato un uomo di grande intelletto e cultura; ha sempre rappresentato i valori e la tradizione ebraica con umiltà e forza allo stesso tempo.

    In cosa è consistito l’impegno di Amos Luzzatto nel ricostruire materialmente e intellettualmente l’ebraismo italiano nei decenni del dopoguerra?

    Luzzatto ha contribuito a questo processo di ricostruzione con la forza e la consapevolezza di portare con sé la responsabilità di dover garantire un futuro che fosse fatto di rispetto, di reciprocità, di cultura e di valori comuni, sia nel rapporto con la società civile che con le istituzioni; non a caso è stato anche tra i protagonisti degli accordi con lo Stato italiano. La sua figura ha rappresentato un’efficace sintesi delle diverse voci ebraiche del Paese.

    Uomo di sintesi anche tra una componente umanistica e una scientifica, essendo stato medico e scrittore. Può considerarsi un punto di riferimento per l’ebraismo a livello universale?

    La sua formazione scientifica e la sua cultura ebraica hanno avuto in lui una sintesi che lo ha reso modello ed esponente di spicco dell’ebraismo su diversi fronti: ha concretizzato la capacità di coniugare diversi ambiti, come spesso avviene nella tradizione ebraica.

    Ha lasciato un’eredità importante: se dovessimo far riferimento a un messaggio specifico, a cosa ci dovremmo riferire principalmente?

    Tra i suoi insegnamenti, voglio richiamarmi alla sua capacità di discernere tra il bene e il male, soprattutto con un invito alle giovani generazioni a maturare e ad acquisire una capacità critica e una conoscenza che permettano di fare le scelte giuste e di porsi sempre in lealtà nei confronti degli altri, specie laddove sia presente una diversità. È importante sottolineare la semplicità con la quale si è sempre posto, la lucidità con cui si è focalizzato sui temi dell’educazione, della cultura e della memoria, l’importanza attribuita al rispetto dell’altro, inteso sempre come elemento di unione e non di divisione. Grazie anche al suo contributo, oggi il punto di vista ebraico in questo paese si è consolidato e può essere portato avanti con concretezza.

    Le vostre strade si sono incrociate nelle istituzioni ebraiche? Ha ricordi personali di questa figura?

    Le nostre strade si sono sfiorate nel 2006, quando lui aveva appena concluso il suo incarico di Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche e io mi trovavo a una delle mie prime partecipazioni a un Congresso. Nonostante si sia trattato di un’esperienza fugace, ricordo nitidamente le qualità che lo caratterizzavano. L’elemento che mi colpì maggiormente fu la sua figura rassicurante: metteva gli altri a proprio agio, non si avvertiva la distanza tra un leader e un giovane, nonostante mantenesse la sua autorevolezza.

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