Battaglia a colpi di carte bollate tra due associazioni filo-palestinesi e la Rai colpevole, secondo loro, di avere diffuso informazioni errate su Israele.
Come racconta Repubblica.it, tutto è nato dalla polemica attorno alla domanda posta da Flavio Insinna, nella puntata dello scorso 21 del programma “L’Eredità”, su quale fosse la capitale di Israele: la concorrente dice “Tel Aviv” ma la risposta viene considerata sbagliata in favore di “Gerusalemme”. Scoppia il finimondo, ovviamente sostenuto dai sostenitori dei palestinesi che, rifiutando qualsiasi trattativa di pace con Israele, cercano di sabotare (anche presidiando tutte le trasmissioni televisive) qualsiasi apertura verso Israele, polemizzando anche dove la polemica non c’è.
Consapevole del putiferio che si stava scatenando e cercando di spegnere la polemica, la Rai, pochi giorni dopo, fa leggere il 5 giugno allo stesso Insinna una precisazione in diretta. “Ci si può ritrovare involontariamente al centro di una controversia che chiama in causa vicende sulle quali non spetta certo a un gioco come il nostro intervenire”. E ancora: “Sulla questione però esistono posizioni diverse. Alla luce di ciò riteniamo di non dover entrare, noi che non abbiamo titolo, in una disputa così delicata, e ci scusiamo per averla involontariamente evocata”.
Ma ai filo-palestinesi e in particolare a due associazioni (“Palestinesi in Italia” e “Associazione benefica di solidarietà con il popolo Palestinese”) non basta e fanno ricorso al Tribunale di Roma.
La questione finisce sul tavolo del giudice Cecilia Pratesi, della sezione diritti della persona e immigrazione. “La materia è tutt’altro che semplice – scrive Repubblica – e nella sua ordinanza, arrivata nelle scorse ore, la toga scava nel “nodo centrale della questione”. Che non è “una presa di posizione politica in merito al diritto degli stati di Israele e Palestina di eleggere Gerusalemme a propria capitale”. Il problema, ragiona, è appurare la correttezza dell’informazione diffusa dalla Rai”.
Per il giudice “E’ lo Stato Italiano a non riconoscere Gerusalemme quale capitale”, come dimostra il fatto che la sua ambasciata è a Tel Aviv. “E’ fatto notorio che il 21 dicembre 2017 l’Italia abbia votato a favore della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che rifiutava la decisione degli Usa di riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele, così come è noto che le stesse Nazioni Unite si siano ripetutamente espresse sulla questione condannando l’occupazione israeliana dei territori palestinesi e di Gerusalemme est, e negando qualsiasi validità giuridica alle decisioni di Israele di trasformarla nella sua capitale”. E, continua, le risoluzioni Onu “costituiscono diritto convenzionale direttamente applicabile nel nostro ordinamento”, come stabilito dalla nostra Costituzione.
Conclude il magistrato: “Dare per assodato che la città di Gerusalemme sia la capitale dello Stato di Israele concreta la diffusione di una informazione errata. Definire la questione una “disputa”, come fatto durante la prima replica della Rai, non basta a rettificare quanto avvenuto in trasmissione, “poiché non restituisce l’informazione (corretta) che la questione è sì obiettivamente controversa fra gli stati direttamente coinvolti, ma è altresì oggetto di una netta presa di posizione del diritto internazionale”.
Conclusioni quindi del giudice: “L’Eredità” dovrà trasmettere un’altra rettifica e la Rai è condannata a pagare 3 mila euro di spese legali.
Nel corso della difesa, la Rai aveva mostrato i contenuti di alcune pubblicazioni (“Enciclopedia Treccani, Enciclopedia Britannica, Wikipedia”) nelle quali Gerusalemme viene indicata come capitale, “con la precisione che si tratta di questione oggetto di contrasto”.