Sono ricorsi in appello presso la Corte Suprema del Pakistan contro l’assoluzione di 4 uomini coinvolti nel rapimento e nella decapitazione del figlio i genitori di Daniel Pearl, il corrispondente del Wall Street Journal sequestrato ed ucciso a Karachi nel 2002. Ad annunciarlo è stato il loro legale. “Ci ergiamo in difesa della giustizia non solo per nostro figlio, ma per tutti i nostri cari amici in Pakistan in modo che possano vivere in una società libera dalla violenza e dal terrore e crescere i loro figli in pace ed armonia”, ha dichiarato Judea Pearl, il padre di Daniel, in una dichiarazione video. Il mese scorso, l’Alta Corte di Sindh ha rovesciato la condanna alla pena capitale dell’imputato considerato il cervello del sequestro e gli ergastoli per i complici. I quattro dovevano essere rilasciati il 2 aprile, dopo la decisione della corte ma il giorno successivo sono stati nuovamente arrestati sulla base di una legge di pubblica sicurezza che consente alle autorità di fermare chiunque sia considerato una minaccia all’ordine pubblico. Lo stesso governo della provincia del Sindh si è rivolto alla Corte Suprema il mese scorso perché intervenga a contrastare la decisione con cui i giudici hanno capovolto le conclusioni del processo, annullando la pena capitale per Ahmed Omar Saeed Sheikh, che ha doppia cittadinanza, britannica e pachistana, ed è considerato il principale responsabile del rapimento del giornalista.
Il 23 gennaio 2002, dopo un’intervista che aveva appena realizzato in un ristorante di Karachi, venne rapito da un gruppo di fondamentalisti islamici che lo avevano accusato di essere un agente della CIA. Nove giorni dopo venne decapitato ma prima di essere barbaramente ucciso, Pearl salutò la famiglia, la moglie e il figlio che doveva nascere quando venne sequestrato e assassinato con queste parole: “sono ebreo, mio padre è ebreo, mia madre è ebrea”.
Pochi giorni dopo gli assassini recapitarono una videocassetta con la registrazione dell’esecuzione di Pearl: le immagini mostrarono il giornalista che orgogliosamente dichiarava di essere ebreo e riconosceva che i musulmani erano stati ingiustamente perseguitati, quindi una mano che lo afferrava per i capelli mentre un’altra con un coltello gli recideva la carotide. Il filmato si chiudeva sull’inquadratura del corpo del giornalista senza testa
Tre mesi dopo, il 17 maggio, il suo corpo sarà ritrovato sotto un metro di terra, sezionato in dieci pezzi.
Sul suo caso il filosofo e saggista francese Bernard-Henri Lévy ha scritto il libro Chi ha ucciso Daniel Pearl?, edito in Italia da Rizzoli.