Che cosa deve aver provato la generazione reduce dalla Shoah quando è stato proclamato lo Stato di Israele? Loro, che avevano vissuto il malefico piano di distruzione del nostro popolo, con quante lacrime agli occhi hanno ascoltato, quel lontano shabbat di ormai 72 anni fa, la proclamazione dello stato ebraico? Finalmente uno stato dove niente e nessuno ci avrebbe mai più perseguitati. Niente più svastiche, niente più rastrellamenti, un’intera terra dove essere finalmente liberi d’essere orgogliosamente ebrei, ma ad un costo. Quanti giovani non hanno mai fatto ritorno a casa? Quanti padri hanno baciato le proprie mogli per l’ultima volta, accarezzandole sul viso, senza mai tornare? Pugni stretti e cuore in gola, la scalata per la libertà sembrava un sogno irraggiungibile. Tutto reso possibile da chi ha combattuto fisicamente, da chi si è occupato della diplomazia, dai primi migranti ebrei di fine ottocento, e dai visionari come Thedoro Herzel, Ben Gurion, Golda Meir, Chaim Weizmann, che hanno reso possibile questo sogno chiamato Israele. Persone carismatiche. “Gli ebrei che lo vogliono avranno il loro stato”.
Oggi, che festeggiamo i 72 anni di Israele, la quale troppo spesso viene attaccata da coloro che bramano la sua (e nostra) sconfitta, dobbiamo voltarci indietro e ringraziare chi ci ha costruito il ponte verso la libertà, verso la terra che stilla latte e miele, verso quell’unica democrazia che brilla nel medio-oriente. I loro sforzi non saranno vani, finché il popolo d’Israele sarà vivo e unito come un pugno chiuso. Proteggeremo la nostra libertà, affinché niente di male possa più accadere alla nostra gente, perché i nostri giovani si possano sentire liberi e fieri d’esser ebrei, come è sempre stato. La storia ci ricorda quanto siamo stati forti all’uscita dall’Egitto, o quando la sorte si è ribaltata nella lontana Susa di Persia, ed ancora, quando abbiamo scalato la vetta per istituire il nostro stato, quello di Israele. Faremo in modo che la storia, di vita, del nostro popolo duri in eterno, questa è una promessa.
Oggi, che non possiamo riversarci nelle vie per sventolare le bandiere di Israele, siamo comunque uniti col pensiero ed il cuore, il cuore di Am Israel.