La ricostruzione della storia che si avvale delle moderne tecnologie. La memoria che riaffiora grazie al lavoro meticoloso di professionisti in uniforme. Un uomo barbaramente trucidato dai nazisti che si riappropria del suo nome a 76 anni dalla sua morte. È stato grazie all’esame del dna che è stato possibile identificare un altro dei caduti, rimasti ignoti, delle Fosse Ardeatine. Marian Reicher era nato in Polonia nel 1901 e perse la vita nel terribile eccidio del 24 marzo del 1944. Lui era nella lista delle vittime di quella rappresaglia di violenza inaudita.
Si sapeva che c’era anche il suo corpo tra quelli che erano stati sepolti sotto strati di tufo a causa delle esplosioni pilotate dai tedeschi. Fino ad oggi però ai suoi resti, custoditi presso il mausoleo di via Ardeatina, non era stato possibile attribuire un’identità. La tecnologia ha consentito di restituire a quelle povere ossa un nome grazie alla comparazione con il genoma del figlio. Dei 335 caduti nell’eccidio delle Fosse Ardeatine sono quindi 327 quelli identificati e otto quelli ancora ignoti. L’identificazione di Reicher è stata possibile grazie al lavoro che era stato avviato fin dal 2010 dal Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti, con il supporto fondamentale del Ris dell’Arma dei Carabinieri e del laboratorio di Antropologia Molecolare dell’Università di Firenze. L’attività è stata resa possibile grazie alla continua collaborazione in atto tra il Commissariato Generale, l’Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri delle Fosse Ardeatine e la comunità ebraica. È stato fondamentale infatti poter attingere ai loro archivi e contare su chi potesse fare da tramite con le famiglie delle vittime. Anni addietro era stato possibile identificare altri tre caduti ignoti. Era stato l’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il 23 marzo del 2012, a presenziare alla cerimonia nel corso della quale venne ufficializzata l’attribuzione di un nome ai poveri resti di Salvatore La Rosa, Marco Moscati e Michele Partito.
Fu allora che vennero archiviati i dati biologici dei resti mortali dei caduti non identificati allo scopo di poterli confrontare con il Dna dei familiari successivamente ritrovati o che avessero spontaneamente richiesto di effettuare una comparazione. Da quel giorno questo processo di ricerca non si è mai interrotto. Anche attraverso il sostegno di autorità nazionali e di ambasciate italiane all’estero, il Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti, che dipende direttamente dal Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, ha continuato a cercare. Nel settembre 2019 David Reicher, figlio di Marian Reicher, che attualmente risiede in Israele, ha manifestato la sua disponibilità ad effettuare la comparazione del Dna. II Commissario Generale, il generale Alessandro Veltri, ha autorizzato gli approfondimenti necessari. Ed è qui che sono entrati in campo i carabinieri del Reparto Investigazioni Scientifiche di Roma che, con estrema professionalità e grazie alla grande esperienza maturata sul campo, a seguito di attente analisi di laboratorio hanno individuato la corrispondenza del campione biologico del figlio con quello che era stato individuato nel 2011 confermando così l’identità dei resti di Marian Reicher.
Ovviamente grande è stata la gioia della famiglia che ora, a 76 annidi distanza dalla strage, ha avuto la certezza che il loro caro è davvero in quel mausoleo. Quando l’emergenza coronavirus sarà superata verrà organizzata una cerimonia, presso le Fosse Ardeatine, per ricordare Marian, vittima dell’orrore nazista, sul cui sacello, da oggi, potrà essere apposto un nome e potrà essere deposto un fiore. S. O. (Il Messaggero)