“Annibale, tu sai vincere ma non sei capace di sfruttare le tue vittorie”, parola di Tito Livio. E’ Maarbale, comandante della cavalleria nella battaglia di Canne (216 A.E.V), dopo la disfatta che l’esercito cartaginese aveva inflitto a Roma.
Nel corso delle due guerre mondiali che hanno devastato l’Europa durante il XX secolo, i generali e i soldati sul campo appresero una sanguinosa lezione: i tedeschi vincono tutte le battaglie, tranne l’ultima. E’ possibile che la storia vada ripetendo sé stessa. Oggi, l’Unione Europea è sottoposta alle decisioni che si prenderanno a Berlino. Non parliamo più di equilibri militari, bensì di soldi. Quattro anni fa, Brexit segnalò che gli inglesi non intendevano adeguarsi alla nuova Europa sotto l’evidente, ineluttabile trazione tedesca. La Germania si era infatti riunificata dopo i decenni della guerra fredda. Ci fu forse avventatezza, se non precipitazione. La Repubblica Federale tornava nel continente a pieno titolo, e con la forza di una leadership cui è destinata da geografia, popolazione, ordine e talento. Non ci sono contrappesi. Dunque la Germania è infine chiamata ad essere attenta e responsabile. E’ necessario un minimo di consapevolezza. Le riparazioni complessivamente pagate per ciascuna delle decine di milioni di vittime del Terzo Reich furono, semplicemente, insignificanti se non ridicole. I nonni non hanno espiato. I processi di Norimberga definirono una quantità minima e indispensabile di punizione per crimini la cui contabilità risultava impossibile. I figli finsero di non saperne nulla. I nipoti hanno dimostrato pentimento sincero, e nessuno intende far loro scontare le colpe del nazionalsocialismo. Generosità e lungimiranza. Non ce ne furono nel 1871, quando dopo aver costruito un impero sulle macerie di Parigi, Bismarck decise l’annessione perpetua dell’Alsazia e della Lorena. E neppure dopo la Grande Guerra, quando i generali prussiani, sconfitti, alimentarono la più grande fake new della storia del Novecento. Perché, a conti fatti e chiusi, i tedeschi non pagarono neppure una sterlina vera (lira o dollaro, come preferite) delle riparazioni imposte dai trattati Versailles. Nel 1945 e nel 1946, liquidato il Reich del cancelliere Hitler, i vincitori non ebbero dubbi. Senza la Prussia Orientale ceduta alla Polonia e dunque privata della casta militare, i tedeschi mai più sarebbero stati un pericolo per l’Europa e per il mondo intero. Furono graziati. Poi la Germania occidentale venne ricostruita in appena cinque anni con il lavoro di operai italiani, spagnoli, turchi. A est, la RDT comunista esibiva le vetrine del socialismo realizzato, esportando tecnologia sofisticata in tutto il mondo e perfino nei paesi NATO. Lo sguardo perennemente triste della cancelliera Angela Merkel dimostra una precisa, pensierosa consapevolezza del peso della storia passata e della durezza di quella futura, tanto più dopo la pandemia. Purtroppo però non è sola sul ponte di comando. Il popolo ebraico e i dirigenti attuali delle comunità nel vecchio continente, hanno pieno titolo per alzare la voce. La Germania non può e non deve pagare più nulla, ormai. Tuttavia continua ad essere titolare di un debito speciale nei confronti dell’umanità, anche se i nazisti trovarono collaboratori molto volenterosi. E’ un debito che non si misura con il PIL o con le percentuali di deficit. Senza alzare la voce, più e meglio di altri gli ebrei d’Europa dovrebbero aiutare i tedeschi a comprendere che non possono restare sordi all’ultima chiamata.