La politica israeliana è complicata e controversa anche più di quella italiana, con la differenza che si tratta di un paese sotto assedio e le scelte da fare riguardano la sua sopravvivenza, non solo i giochi di potere nel teatrino politico. Lo si è visto nelle ultime settimane e in particolare negli ultimi giorni. Lo schieramento unito dal tentativo di eliminare politicamente Netanyahu per la terza occasione elettorale consecutiva ha mostrato di non essere in grado di fare un governo, anche ricorrendo all’appoggio dei partiti antisionisti (spesso descritti come “arabi”, ma il conflitto con loro è politico, non etnico). I suoi capi (Lapid, Ja’alon, Lieberman, anche Gantz) avevano immaginato un percorso legislativo per inibire Netanyahu dalla guida del governo, seguito da quarte elezioni che speravano di vincere. Gantz si è reso conto dell’impopolarità di questa scelta, fra l’altro in piena crisi sanitaria, e ha iniziato a trattare con Netanyahu. I suoi soci no e hanno cercato di forzare la legislazione anti-Netanyahu, anche se normalmente senza governo la Knesset non legifera se non sull’urgenza assoluta. Il presidente della Knesset, Edelstein, si è opposto. Gli anti-Bibi hanno chiesto la sua rimozione e l’elezione di un nuovo presidente, e Edelstein ha scelto di aspettare qualche giorno per dare il tempo di comporre la nuova maggioranza. Qui è entrata in campo la Corte Suprema, contro la legge che dichiara la Knesset autonoma sull’organizzazione del suo lavoro, e ha imposto di tenere subito la nuova elezione del presidente che avrebbe portato avanti le leggi ad personam contro Netanyahu. Edelstein ha protestato duramente contro l’invasione di campo e si è dimesso, guadagnando così il giorno di tempo che ha permesso la conclusione di un accordo di governo di unità nazionale. Il partito di Gantz si è diviso fra chi l’ha seguito nella nuova maggioranza e gli irriducibili anti-Netanyahu. Insieme ai partiti antisionisti (“arabi”) e “post-sionisti” (l’estrema sinistra di Meretz) costoro hanno gridato al tradimento. Sembra che ora il governo si farà, per il bene di Israele. La figura più controversa l’ha fatta la corte suprema, ridottasi ad apparire strumento di lotta politica al servizio di una fazione.