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    LILIANA SEGRE RICEVE LAUREA HONORIS CAUSA: ‘LA DEDICO A MIO PADRE’

    Un lungo applauso ha accolto l’ingresso della senatrice Liliana Segre nell’Aula Magna dell’Università La Sapienza di Roma, dove in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2019-2020, le è stato conferito il dottorato honoris causa in Storia dell’Europa. “Ho avuto una lunga vita – ha detto la senatrice – . L’emozione più grande è stata la nascita del mio primo figlio. Ma dedico il premio a mio padre, l’uomo più importante della mia vita, ucciso per la colpa di esser nato”.

    La Segre ha poi ripercorso alcuni momenti della sua vita ricordando momenti “da ragazzina espulsa” ed “oggi in Senato, di quella mia Italia in cui la mia famiglia sta da 5-6 secoli”. Un’Italia di cui e’ cambiato l’aspetto, la coscienza ed in cui “i perché che mi hanno visto nel cuore dell’Europa internata e punita non avranno mai risposta. Anche con la consapevolezza che qui nel tempio de La Sapienza il mio maestro Primo Levi disse: ‘capire, comprendere è impossibile. Ma conoscere e necessario'”.

    “Affrontando una giornata importante come questa – ha proseguito -non posso non ricordare un povero professore francese prigioniero ad Auschwitz. Lavorava come operaio in una fabbrica di munizioni. Io ero la sua inserviente: portavo bossoli per mitragliatrice. Lui, vedendomi mi chiese che classe avevo frequentato perché era professore di storia. Gli dissi che facevo la seconda media quando venni arrestata. Lui mi propose: proviamo ad essere io e te come eravamo. Liberi, quando mi porti i bossoli”. Segre nel silenzio della platea ha proseguito: “E parlavamo di storia. Avevamo ripreso la nostra funzione. Io di allieva, lui di professore. Eravamo liberi come si è davanti alla conoscenza”.

    Poi la senatrice ha aggiunto: “Mi viene in mente un altro momento: il taglio dei capelli. Annullamento di ogni femminilità” a cui erano sottoposte le prigioniere. La senatrice ha ricordato di esserne stata esonerata: “una capo’ decise che i miei capelli erano troppo belli per essere tagliati. Era una cosa stranissima. Dopo pochi giorni i capelli si riempirono di pidocchi”. Sottoposta ad una giornata di disinfestazione, da sola nel gelo “fui rasata a zero. Ecco che entro’ dopo ore una ragazza. Anche lei nelle mie condizioni – ricorda – Ci guardavamo. Lei era cecoslovacca. Volevamo parlare. Ognuna nella propria lingua. E lei, che aveva due-tre anni più di me, mi chiese se conoscevo qualche parola di latino. E fu fantastico perché con quelle poche parole che sapevamo, abbiamo comunicato”. “Tornai a scuola anni dopo e studiai latino, e quella mia amica di un giorno nell’universo dell’orrore non la ho mai dimenticata e sono sicura anche lei”. “Lo studio ripreso fu per me fonte di salvezza – ha rimarcato – ti aiutava a riprendere il tuo posto nel mondo. Ecco che entrata in Senato mi sono sentita che l’unica cosa che potevo fare era combattere l’odio che ho visto cominciare dalle parole. Perché poi si passa ai fatti. E non c’è limite all’odio”. La Segre quindi ha ricordato: “E’ proprio per i giovani che faccio questa battaglia contro l’hate speech.  Mi rivolgo a loro, ricordando la poesia bellissima di Primo Levi intitolata agli amici, che ha un momento perfetto in cui parla dell’importanza della conoscenza e dell’incontro di un attimo, di occhi negli occhi dell’altro. Empatia. Era la ragazza di Auschwitz – ha concluso – Non ci si dimentica più”.       

    Alla cerimonia erano presenti il capo dello Stato Sergio Mattarella, i ministri dell’Istruzione Lucia Azzolina e dell’Università Gaetano Manifredi e il sindaco di Roma Virginia Raggi.


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