Doveva essere una mozione unica, mirata a impegnare al governo a intensificare la lotta contro il risorgente antisemitismo e a incentivare le iniziative volte a contrastarlo, in particolare i viaggi della Memoria e le attività nelle scuole e nelle università. L’aula del Senato ha approvato invece tre documenti distinti, uno della maggioranza, uno della Lega e uno di Forza Italia. Diversi solo nelle sfumature, sostenuti tutti con argomenti identici, votati trasversalmente – tutti – dall’intera aula, e tuttavia distinti. E’ il segno di un passo concreto nella giusta direzione ma anche della presenza di un limite che deve essere superato, se si vuole che l’impegno annunciato ieri da tutti, con massima solennità e anche con reale determinazione, produca effetti concreti.
La presidente dell’Ucei Noemi Di Segni, commentando il voto di palazzo Madama ha colto l’elemento positivo, parlando di un “segnale importante, che non può non incontrare il nostro apprezzamento in un’epoca in cui le parole e i comportamenti d’odio sembrano imperversare a ogni livello”. In effetti anche solo la conversione incrociata di tutte le forze politiche sui reciproci documenti, in una fase come questa segnata da lacerazioni e contrasti, è un passo fondamentale e tutt’altro che scontato, un risultato che in questa legislatura non era mai stato raggiunto.
L’incapacità di varare un testo unico, tale da dimostrare senza crepe l’unità dell’intero quadro politico di fronte all’antisemitismo, resta però un limite grave, segnalato anch’esso dalla presidente dell’Ucei: “Avremmo apprezzato la presentazione di un’unica mozione, con un testo pensato, scritto e votato collegialmente”. Era un obiettivo a portata di mano. Nel merito, le differenze fra i tre testi sono infatti più che contenute. Ha prevalso invece l’esigenza di distinguersi e di marcare la distanza tra le diverse forze politiche. Esigenza comprensibile in condizioni normale ma, nella situazione di emergenza ed elevato livello di pericolo in cui l’Italia si trova oggi, distinguo ed esigenze tattiche non possono e non devono aver luogo a procedere. Solo uno schieramento assolutamente granitico può infatti evitare che, complice anche lo stato di permanente tensione politica, si insinui il virus del negazionismo e della rinascita dell’antisemitismo.
E’ un rischio reale, concreto e ravvicinato. Lo dimostra lo stillicidio di oscene scritte antisemite che sono apparse nei giorni scorsi in molte città italiane, particolarmente odiose perché poste con chiaro intento persecutorio e discriminatorio sulle porte delle case di figli di deportati ed ex partigiani ebrei. E a dimostrarlo sono soprattutto i dati raggelanti del Rapporto Eurispes diffuso il 30 gennaio scorso. Per il 15,5% degli italiani la Shoah non c’è mai stata, per un ulteriore 16,1% il racconto della Shoah è fortemente esagerato. Vale a dire che circa un terzo della popolazione italiana è, a diversi livelli, negazionista e il dato è tanto più impressionate se si tiene conto che nel 2004 i negazionisti non andavano oltre il 2,7%. E’ un quadro già ai limiti dell’emergenza che non richiede una risposta burocratica quanto piuttosto uno sforzo massiccio in particolare sull’educazione ma soprattutto investimenti economici adeguati e un lavoro di preparazione approfondita del corpo docente. Il Senato si è impegnato a procedere in questa direzione. Il Governo lo aveva già fatto lo scorso 17 gennaio, recependo in pieno la definizione di antisemitismo formulata dall’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto (IHRA): “L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio nei loro confronti. Le manifestazioni retoriche e fisiche di antisemitismo sono dirette verso le persone ebree, o non ebree, e/o la loro proprietà, le istituzioni delle comunità ebraiche e i loro luoghi di culto”. Ora si tratta di passare dalle parole ai fatti.