
Dopo 738 giorni di prigionia nelle profondità dei tunnel della Striscia di Gaza, Elkana Bohbot, ex organizzatore di festival musicali e ostaggio di Hamas, ha raccontato la sua esperienza di prigionia in un’intervista toccante e cruda pubblicata da Ynet News. Bohbot, che prima del 7 ottobre 2023 era conosciuto nell’ambiente culturale israeliano per il suo ruolo nella produzione del Nova Festival, descrive due anni di “sofferenza e incertezza” sotto il controllo dei terroristi.
Dal balcone della sua casa a Mevaseret Zion, la narrazione si snoda attraverso anni di paura, fame, violenze fisiche e psicologiche. I racconti del detenuto parlano di percosse continue, manipolazioni emotive intense e condizioni di detenzione inumane: “Sotto terra non c’è differenza tra te e un morto, sei un cadavere con il cuore che batte” ha detto Bohbot, con un linguaggio che mescola lucida consapevolezza e trauma. Particolarmente inquietante è la rivelazione di un episodio in cui i suoi aguzzini — secondo Bohbot — avrebbero volutamente “spezzato la sua mano per simulare un suicidio forzato da includere in un video di propaganda, un dettaglio che testimonia l’estrema brutalità vissuta in cattività. La sua storia non si limita agli abusi fisici. Bohbot racconta anche del costante uso di tecniche psicologiche di controllo, manipolazione e paura: i prigionieri venivano sorvegliati incessantemente, privati di informazioni, e spinti a dubitare della realtà. Persino la semplice routine quotidiana — dormire, mangiare, interagire con altri ostaggi — veniva trasformata in una lotta per la sopravvivenza.
Il suo ritorno in libertà, avvenuto nell’ottobre 2025 insieme ad altri 19 ostaggi, rappresenta un sollievo incompleto. Bohbot racconta che il processo di recupero è lento e doloroso. “A volte sento il suono di una macchina fotografica e penso sia un colpo di fucile” ha detto. La testimonianza di Bohbot si innesta in un più ampio contesto di tensioni e conflitti che continuano a segnare la regione, in cui le vicende umane di singoli catturati si intrecciano con dinamiche geopolitiche complesse. Anche dopo la sua liberazione, il peso di quei giorni trascorsi nei tunnel di Gaza resta vivo — non solo nella memoria di Bohbot, ma nell’opinione pubblica israeliana e internazionale.













