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    Cultura

    “La giornata è finita”: al Museo d’Arte di Tel Aviv 100 anni di Nuova Oggettività

    Il Museo di Arte di Tel Aviv ha inaugurato la mostra “The Day isGone”, “La giornata è finita”, con sottotitolo: “100 anni di Nuova Oggettività” a cura di Noam Gal, assistente curatore Naama Bar, allestita nella Marcus B. Mizne Gallery, nella Marc Rich e Gabrielle Rich Wing, e nel Paulson Family Foundation Building. Il percorso di visita è organizzato come la storia di una giornata nella vita di un giovane nella Berlino di cento anni fa: dal momento in cui si sveglia presto al mattino, mentre lavora nel suo studio, cammina lungo una strada affollata con le sue molte tentazioni e tensioni, visita un teatro clandestino e, infine, conclude la notte in un bar sotterraneo. La storia, che accompagna i visitatori con l’ausilio di cuffie mentre attraversano i differenti passaggi dell’esposizione, è basata sulle impressioni e sui pensieri scritti dagli artisti dell’epoca e sulle preoccupazioni che tutti noi condividiamo oggi.

    «L’arte oggi esprime la ricerca umana di un terreno stabile e oggettivo, delle cose così come sono», scrisse lo storico e curatore Gustav Hartlaub all’ingresso della mostra “Nuova Oggettività”, inaugurata nel 1925 a Mannheim, in Germania. Questa esposizione seminale delineò con efficacia una tendenza che sarebbe diventata un influente movimento artistico. Gli artisti della “Nuova Oggettività”, tra cui Otto Dix, George Grosz, Rudolf Schlichter, Georg Scholz e Christian Schad, cercavano di riflettere sulla realtà per ciò che era davvero, senza alcun abbellimento, rifiutavano di celare le terribili conseguenze della Prima Guerra Mondiale sulla società tedesca ed evitavano espressioni emotive o astratte dell’animo dell’artista sulla tela. I ritratti da loro dipinti, ad esempio, non celebrano i soggetti, ma conferiscono ai loro volti la nitidezza e l’impenetrabilità di un oggetto, di una cosa. Una selezione delle opere della “Nuova Oggettività” è esposta nella mostra di Tel Aviv per la prima volta grazie a un gesto straordinario del collezionista tedesco Jan Fischer, che ha scelto questo momento e questo luogo per condividere la sua unica collezione con il pubblico.

    Cosa abbiamo in comune con queste opere? Secondo il curatore furono create all’ombra di una guerra che aveva minato il valore della vita umana, in un paese lacerato socialmente ed economicamente. Il periodo di attività del movimento fu caratterizzato da innovazioni tecnologiche e sperimentazioni artistiche, insieme a un’affinità con visioni e idee radicali, incluse quelle che condussero la Germania al peggior disastro della sua storia. Sebbene le differenze tra la Germania del 1925 e l’Israele del 2025 siano numerose e significative, l’urgenza avvertita dagli artisti di allora, il bisogno di trovare la forza per fare arte, di concedere al pennello la libertà di presentare uno specchio critico, che fosse cristallino o più ambiguo, davanti agli spettatori, è molto familiare e forse essenziale per la nostra esistenza.

    Foto: Tel Aviv Museum  of Art – TMA

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