
Quando i fratelli di Yosef tornarono dall’Egitto con il grano per la famiglia dopo essere stati accusati di essere delle spie, raccontarono al padre Ya’akov l’accaduto: “L’uomo che è il signore del paese, ci ha parlato aspramente e ci ha trattato da spie del paese. E noi gli abbiamo detto: Siamo gente sincera; non siamo delle spie; siamo dodici fratelli, figli di nostro padre; uno non è più, e il più giovane è oggi con nostro padre nel paese di Canaan. E quell’uomo, signore del paese, ci ha detto: Da questo saprò se siete gente sincera; lasciate presso di me uno dei vostri fratelli, prendete quello che vi necessita per le vostre famiglie, partite, e portatemi il vostro fratello più giovane. Allora saprò che non siete delle spie ma gente sincera; io vi renderò il vostro fratello, e voi potrete commerciare nel paese” (Bereshìt, 42:30-34).
Joseph Beer Soloveitchik (Belarus, 1903-1993, Boston) in Mesoras Harav (p.317) osserva che vi è un affascinante parallelo nelle tre parashòt di Vayshlàkh, di Vayèshev e di Mikètz. In tutte e tre queste parashòt vi è un riferimento a “un uomo”, a “quell’uomo”, a un misterioso individuo. In Vayshlàkh incontriamo un uomo che lotta con Ya’akov: “E Ya’akov rimase solo e un uomo lottò con lui sino allo spuntare dell’alba” (Bereshìt, 32: 25).
Nella parashà di Vayèshev, Yosef viene mandato dal padre a vedere come stavano i suoi fratelli e come stava il bestiame. I fratelli erano andati a Shekhèm, ma Yosef non li trovò li. “Un uomo lo trovò mentre era smarrito per la campagna e gli chiese: chi cerchi? Gli rispose: Cerco i miei fratelli” (ibid., 37:15). Chi era quell’uomo? Rashì (Troyes, 1040-1105) nel suo commento cita il libro di Daniel (9:21) dove è scritto “Mentre stavo ancora parlando in preghiera, quell’uomo, Gavriel, che avevo visto nella visione da principio, mandato con rapido volo, s’avvicinò a me, verso l’ora dell’oblazione della sera”. Quell’uomo era l’angelo Gavriel. Infine nella parashà di Mikètz l’uomo misterioso è proprio Yosef.
Soloveitchik commenta che vi è un importante contrasto tra l’uomo con il quale Ya’akov lotta nella parashà di Vayshlàkh e l’uomo nelle altre due parashòt. Nella parashà di Vayshlàkh, Ya’akov sapeva chi era il suo nemico, l’angelo custode di Esau, e sapeva anche il motivo dell’ostilità di suo fratello. Ya’akov era accusato di due crimini: l’aver portato via la primogenitura da Esau e l’aver impersonato il fratello per ricevere la benedizione da suo padre Yitzchak. Quando si conosce il nemico è possibile elaborare una strategia. [Su questo episodio il Maimonide (Cordova, 1138-1204, Il Cairo) afferma che non si trattava di un vero uomo ma di una visione profetica. Questo perché il Maimonide sostiene che ogni qualvolta nella Torà è scritto nel corso di una passaggio vi era una malàkh (un angelo) significa che il personaggio in questione ha avuto una visione profetica o un sogno profetico (Guida dei Perplessi, parte seconda, capitolo 42)].
Nelle parashòt di Vayèshev e Mikètz invece l’uomo era sconosciuto. Quando un uomo è sconosciuto il risultato è la paura: È un amico o un nemico? Che cosa vuole? L’uomo che Yosef incontra nella campagna è strano ed è un presagio. Per quale motivo la Torà rivela questo incontro e cosa sentì Yosef su dove erano andati i fratelli? Se quest’uomo non fosse apparso Yosef sarebbe semplicemente tornato a Chevron dal padre e non sarebbe stato venduto come schiavo. In modo simile, per quale motivo nella nostra parashà quest’uomo potente che incute timore chiedeva tutte quelle informazioni personali sul padre e sui fratelli? È chiaro che quello che avvenne era parte di un disegno divino.













