
Troppo lavoro, troppo stress. Il 48,6% dei lavoratori israeliani vive elevati livelli di burnout. A rivelarlo un’indagine condotta su 5.504 dipendenti in diversi settori dall’Academic College di Tel Aviv-Yafo, in collaborazione con il Manof Fund – National Insurance Institute. Il report sottolinea che quasi un dipendente su due soffre di esaurimento dovuto al lavoro.
E c’è un altro dato che colpisce più di altri: contrariamente a quanto si possa pensare, il lavoro da casa non riduce affatto lo stress o l’ansia, anzi, in molti casi li aumenta. I lavoratori, infatti, percepiscono un senso di “lavoro senza fine” e difficoltà a stabilire dei limiti ben definiti a casa.
Neanche il modello ibrido (quello, cioè, che combina il lavoro d’ufficio con quello da remoto) sembra essere la soluzione: se da una parte offre flessibilità, comfort e autonomia, dall’altra porta con sé più pressioni, più richieste e carichi di lavoro leggermente maggiori come maggiori poi si rivelano i contrasti lavoro-casa. Tanto che i livelli di burnout sono identici a quelli degli impiegati in ufficio.
Nel settore tecnologico, ad esempio, “uno dei fattori più significativi del burnout è la difficoltà a staccare la spina”. “I compiti non finiscono mai. – afferma la dott.ssa Irene Diamant dell’Academic College – Sono sempre sotto pressione e hanno scadenze da rispettare”. La difficoltà a disconnettersi è spesso legata alla mancanza di confini personali, non solo alle esigenze manageriali. “Le persone tornano a casa – aggiunge – e non riescono a smettere di controllare le email o di pensare al lavoro”. Ne deriva una forma di burnout “nascosta” che sfocia “in una forte crisi lavorativa accompagnata da malessere fisico perché qualcosa si è incrinato in modo estremo, nei sentimenti, nella salute e nella motivazione”.
Ma chi è colpito maggiormente? I più giovani, i dipendenti senza figli e le donne. Quest’ultime, in particolare, affrontano una pressione costante dovuta ai molteplici ruoli che ricoprono, accompagnata spesso a sensi di colpa, sentendosi inadeguate sia a casa che al lavoro.
Diamant sottolinea che il burnout non è un problema individuale ma sistemico: “L’OMS ha introdotto uno standard internazionale, l’ISO 45003, adottato anche in Israele, per incoraggiare le aziende ad assumersi la responsabilità della salute mentale dei propri dipendenti. Fornisce indicazioni su come promuovere la salute mentale sul lavoro e prevenire il burnout”.
Ma una parte delle responsabilità rimane anche ai lavoratori: “Fare scelte per bilanciare casa e lavoro, trovare momenti per il riposo e migliorare abitudini alimentari e di esercizio fisico che aiutino anche la mente. La responsabilità personale è una parte importante della gestione del burnout”.
Lo studio evidenzia anche i fattori che contribuiscono a ridurre lo stress e l’ansia da lavoro: un adeguato senso di valorizzazione e di realizzazione professionale, supporto sociale, chiarezza nei compiti e nelle responsabilità e la percezione che l’azienda sia davvero attenta al benessere dei propri dipendenti.












