
Scarlett Johansson, una delle attrici più famose al mondo, non ha mai fatto mistero della sua identità ebraica e delle motivazioni profonde dietro il suo primo film da regista, ‘The Great Eleanor’. La star di Hollywood, figlia di madre ebrea askenazita e padre danese, è cresciuta in una famiglia che celebrava le festività ebraiche e conservava alcune tradizioni. Johansson ha anche raccontato di sentirsi “un’ebrea newyorkese che gesticola molto quando parla” e di avere un forte senso di appartenenza culturale, anche se non parla l’yiddish che la nonna usava spesso. Dopo oltre vent’anni di carriera – dai primi ruoli in ‘Lost in Translation’ e ‘Match Point’ fino ai blockbuster della Marvel – Johansson ha deciso di esordire alla regia con ‘The Great Eleanor,’ presentato quest’anno al Festival di Cannes nella sezione “Un Certain Regard”. Come riportato dal sito israeliano Ynet.
Il film racconta la storia di Eleanor, una donna di 94 anni sopravvissuta alla Shoah, interpretata dall’attrice americana June Squibb. La pellicola esplora la memoria, la vecchiaia, la resilienza e la trasmissione delle storie familiari, alternando momenti drammatici a un tono ironico e tenero. Johansson ha spiegato che la sceneggiatura l’ha profondamente commossa e che, anche dopo decine di visioni durante il montaggio, continua a emozionarla. “Ci sono film che ti fanno piangere ogni volta, ma per motivi sempre diversi”, ha detto, aggiungendo che per lei questo progetto è stato “un viaggio emotivo e personale”.
Durante l’intervista a Ynet, Johansson ha rivelato di avere scoperto solo di recente che molti suoi parenti morirono nei campi di sterminio durante la Seconda guerra mondiale. “Erano storie di famiglia di cui non si parlava. Col tempo ho iniziato a leggere lettere e documenti, e ho capito quanto la mia storia personale fosse legata a quella collettiva del popolo ebraico”. Per questo motivo, ‘The Great Eleanor’ rappresenta per lei un atto di memoria e di testimonianza. “È un film per i miei antenati, per chi non è sopravvissuto. Senza la mia identità ebraica, non credo che avrei potuto raccontare questa storia con autenticità”. Johansson ha aggiunto di sentire un’urgenza nel fare un film sulla Shoah oggi: “Ci sono ancora circa 250.000 sopravvissuti, ma ogni anno il loro numero diminuisce. Tra pochi anni non ci saranno più testimoni diretti. È fondamentale mantenere vive le loro voci”.
Pur affrontando un tema doloroso, la regista ha voluto inserire anche leggerezza e ironia. “La vita è fatta di entrambe le cose: se non ridi, piangi. Non potrei fare un film che non avesse spazio per l’umorismo” ha detto l’attrice. Il personaggio di Eleanor rappresenta proprio questa dualità — una donna che ha conosciuto la tragedia, ma che mantiene intatta la sua vitalità e il suo spirito ironico. Johansson ha affermato che dirigere June Squibb è stato un privilegio, definendola “una forza della natura con un cuore immenso”.
La sua esperienza come interprete, dice, è stata un vantaggio sul set: “Molti registi faticano a comunicare con gli attori. Io li capisco perché vengo dal loro stesso mondo”. Quando le è stato chiesto se intenda continuare a dirigere, Johansson ha risposto che per ora preferisce prendersi una pausa e riflettere su nuovi progetti. “Mi interessa ciò che tocca il pubblico, le storie che parlano di umanità. Anche nei film d’azione, cerco sempre il cuore umano”. La protagonista del film, June Squibb, oggi novantaquattrenne, si è convertita all’ebraismo negli anni ’50 e ha detto di sentire una profonda affinità con la fede e la cultura ebraica. Johansson ha spiegato che era fondamentale girare il film ora: “Era un progetto ‘adesso o mai più’. June è incredibile, ma il tempo è un fattore che non puoi controllare”. Johansson ha riflettuto anche sull’importanza di trasmettere la memoria della Shoah alle nuove generazioni. “Questo film non è solo sulla perdita, ma sulla sopravvivenza, sulla trasmissione delle storie e sulla speranza. L’identità ebraica fa parte del mio DNA. È qualcosa che mi lega al passato, ma anche a un senso di responsabilità verso il futuro”.












