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    ISRAELE

    Israele riporta a casa il corpo del carrista Itay Chen: “Non ci fermeremo finché tutti torneranno”

    Dopo 760 giorni, Israele ha riportato in patria il corpo del sergente maggiore Itay Chen, carrista del 77° battaglione caduto il 7 ottobre e rapito da Hamas insieme ai suoi compagni di carro armato. La notizia è stata annunciata nella notte dall’Ufficio del Primo Ministro e dall’IDF, dopo il completamento del processo di identificazione presso l’Istituto Nazionale di Medicina Legale.
    La salma di Itay, trasferita da Hamas alla Croce Rossa e poi consegnato alle forze israeliane a Gaza, è stata accolta con cerimonia militare e portato in Israele per la sepoltura. “Il governo d’Israele si unisce al dolore della famiglia Chen e di tutte le famiglie degli ostaggi caduti”, ha dichiarato l’Ufficio del Primo Ministro. “Siamo determinati a riportare tutti i nostri ostaggi a una degna sepoltura. Non ci fermeremo finché l’ultimo non sarà tornato”.
    Il Quartier Generale delle Famiglie di alcuni degli Ostaggi ha espresso sollievo misto a dolore: “Il ritorno di Itay rappresenta un minimo conforto per una famiglia che ha vissuto nell’incertezza per più di due anni”.
    Itay Chen, 21 anni, era cresciuto a Netanya. Figlio di padre americano e madre tedesca, era il secondo di tre fratelli: Roy e Alon. Era un ragazzo brillante, sportivo, amava il basket, le arrampicate e i viaggi in Israele. Durante il liceo era stato guida nel programma “Shalakh” del Ministero dell’Istruzione, impegnandosi per la conoscenza del Paese. Nonostante un infortunio, insistette per arruolarsi come combattente carrista.
    Il 7 ottobre, Itay combatté con coraggio nei pressi di Nahal Oz. Il compagno Tomer Leibovitz cadde in battaglia, mentre Itay fu rapito con l’ufficiale Daniel Peretz, poi restituito a Israele, e con il sergente Matan Angrest, ostaggio liberato dopo oltre due anni di prigionia.
    Con il ritorno di Itay, restano sette ostaggi caduti ancora trattenuti da Hamas: Hadar, Meni, Lior, Dror, Ran, Joshua e Sutthisak.
    Negli ultimi giorni, nonostante lo scetticismo iniziale, si è rafforzata in Israele la convinzione che, con un lavoro metodico e la cooperazione sul terreno, sarà possibile riportare a casa tutti gli ostaggi caduti. Fonti di sicurezza confermano che si conoscono già le posizioni di almeno quattro di loro, e che anche gli altri tre potranno essere restituiti, anche se il processo potrebbe richiedere tempo.
    Il ritorno di Itay Chen non è soltanto la chiusura di un doloroso capitolo personale e famigliare, ma anche un segnale di perseveranza nazionale. In un contesto in cui Hamas continua a usare la morte come arma di ricatto, Israele sceglie di rispondere con umanità, memoria e impegno: riportare ognuno dei suoi figli a casa.

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