Il consiglio comunale di Verona ha deciso ieri di intitolare una strada a Giorgio Almirante, storico leader del Msi e della destra nazionale, che dopo la caduta del regime fascista di Mussolini aderì alla repubblica di Salò alleata di Hitler.
Inizialmente la strada doveva essere intitolata ad un altro “Giorgio”, Giorgio Gaber ma il Consiglio comunale ha poi discusso e votato la modifica. Ne e’ nata una accesa polemica con il Partito Democratico e con il Movimento Cinque Stelle che hanno contestato l’intitolazione arrivando a dichiararla incompatibile con i principi che stanno alla base della stessa amministrazione comunale. La decisione – colmo dell’ironia – e’ comparsa in albo pretorio proprio lo stesso giorno in cui il consiglio comunale di Verona ha deciso di concedere la cittadinanza onoraria a Liliana Segre, senatrice a vita sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz.
Sconcertata e incredula la senatrice a vita. “Una via Almirante a Verona? Davvero? Oh, povera strada…”. E’ la prima reazione di Liliana Segre che poi ha aggiunto: “Mi chiedo se sia lo stesso Comune, quello di Verona, a concedere a me la cittadinanza onoraria e poi a intitolare una via ad Almirante: si mettano d’accordo! Le due scelte sono di fatto incompatibili, per storia, per etica e per logica. La città di Verona, democraticamente, faccia una scelta e decida ciò che vuole, ma non può fare due scelte che sono antitetiche l’una all’altra. Questo no, non è possibile!”.
Racconta Liliana Segre: “Quando ero bambina, a Milano, mi ricordo di Corso del Littorio che poi dopo la Liberazione divenne Corso Matteotti: le vie sono sempre quelle, i loro nomi cambiano a seconda delle stagioni: ma non credevo proprio che questa fosse la stagione di Giorgio Almirante, pensavo o mi illudevo che fosse passata… Un conto è intitolare strade a Moro o a Nenni, a Berlinguer o a La Malfa, un altro conto è intitolarla ad Almirante che ha una storia diversa, anzi ben diversa, visto che fu tra i sostenitori del Manifesto della Razza per il quale noi ebrei non eravamo italiani. Credevo che quel tempo non ci fosse più in Italia, ora apprendo che purtroppo c’è ancora”.