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    Mons. Spreafico (Cei): basta errori sugli ebrei nella catechesi

    “Ancora oggi molti testi di autori cristiani, anche dedicati alla catechesi, non sono privi di imprecisioni sugli ebrei”: lo denuncia il presidente della Commissione della Cei per l’ecumenismo e il dialogo, mons. Ambrogio Spreafico, in un commento pubblicato dal Corriere della Sera. L’occasione è la XXXI giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei’ che la Chiesa cattolica italiana celebra il 17 gennaio, che quest’anno assume “particolare valore” perché viene celebrata sullo sfondo di “manifestazioni di antisemitismo” che “diventate in Europa e in Italia un fenomeno preoccupante per la loro diffusione, non possono non inquietare chi ha una coscienza avvertita della storia e delle sfide del nostro tempo”. “Oggi”, afferma il vescovo, “la Chiesa cattolica dopo aver rinnegato quello che Jules Isaac chiamava ‘l’insegnamento del disprezzo’, ovvero il secolare sentimento antiebraico che permeava testi, catechesi, riti liturgici, e che faceva da sfondo a provvedimenti contro gli ebrei, continua a interrogarsi sui passi da compiere. Peraltro, il superamento di quell’insegnamento è opera da compiere: ancora oggi molti testi di autori cristiani, anche dedicati alla catechesi, non sono privi di imprecisioni sugli ebrei. C’è bisogno di aprire nuovi percorsi di amicizia tra ebrei e cristiani, di far crescere i tanti rapporti che si sono intessuti in questi ultimi decenni. Comune è l’impegno a educare la società italiana a superare ogni forma di pregiudizio antiebraico, ma anche ogni forma di discriminazione e di odio. Lo ha ricordato papa Francesco: ‘Il Concilio, con la Dichiarazione Nostra aetate, ha tracciato la via: ‘sì’ alla riscoperta delle radici ebraiche del cristianesimo; ‘no’ ad ogni forma di antisemitismo, e condanna di ogni ingiuria’”. Con un excursus storico, mons. Spreafico ricorda che “la celebre affermazione di Pio XI, che di fronte alle leggi antisemite del fascismo disse ‘noi siamo spiritualmente semiti’, fu il primo momento di presa di distanza dall’odio antiebraico. Quella frase esprimeva il tormento dell’anziano Papa di fronte all’antisemitismo, anche se la Chiesa, in quel drammatico 1938, perse l’occasione di condannare ufficialmente le leggi razziste del fascismo. Tuttavia durante la Seconda guerra mondiale, quando gli ebrei furono deportati e sterminati, la resistenza della Chiesa a Roma e in Italia si manifestò nell’ospitalità e nell’asilo ai perseguitati, con migliaia di ebrei accolti e salvati in istituti religiosi e parrocchie. Fu soprattutto il Concilio Vaticano II a modificare nel profondo l’insegnamento cattolico sugli ebrei, riconoscendo la validità perenne dell’alleanza di Dio con Israele – quella che Giovanni Paolo II avrebbe poi definito ‘l’alleanza mai revocata’ – e dunque superando la ‘teologia della sostituzione’ che fin dai primi secoli dell’era cristiana aveva teso a considerare il Primo Testamento e l’economia salvifica lì delineata come definitivamente superata da Gesù, con l’idea che la rivelazione cristiana avrebbe non solo compiuto, ma anche annullato quella ebraica”. 

    Allarmanti i dati che riguardano i post di odio, antisemiti, sui social network: nel 2016 ne sono stati pubblicati 382 mila, 43,6 post all’ora, uno ogni 83 secondi. Di questi, 2.700 sono comparsi sui social network italiani. Si e’ anche calcolato che nel periodo di tempo 1-24 gennaio 2018, ci sono stati 23 post all’ora per un totale di 550 post al giorno che contenevano espressioni anti-semite e neo-naziste, 4,5 post all’ora e 108 post al giorno che negavano la Shoah. Stanno ritornando gli anni tragici di Pio XI? “Spero di no perche’ – ha risposto il presidente della Commissione Cei per

     l’ecumenismo e il dialogo interreligioso – spero che l’Europa abbia imparato la lezione del dramma della guerra: 70 milioni di morti, 6 milioni di ebrei sterminati, senza dimenticare che con loro furono uccisi anche 500 mila zingari oltre agli

     oppositori politici, preti e tanti altri. Spero davvero che questa memoria sia viva ancora oggi ma averla viva oggi vuol dire anche preservarci dal ritornare a una mentalita’ di esclusione dell’altro. L’antisemitismo non e’ altro che l’espressione piu’ tragica di una forma di esclusione che diventa nella nostra societa’ odio per lo straniero, insofferenza per l’immigrato, razzismo, scarto di chi e’ piu’ debole, piu’ povero, di chi e’ anziano”. 

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