
È scomparsa, a 96 anni, la sopravvissuta alla Shoah, Dita Kraus. La sua storia di speranza e resilienza è il cuore del romanzo “La bibliotecaria di Auschwitz” dello scrittore spagnolo Antonio Iturbe. Attraverso il libro, Iturbe ha fatto conoscere a migliaia di lettori il coraggio di una ragazza, che ha vinto l’orrore della deportazione grazie alla sua fiducia nel potere dei libri e della conoscenza.
Dita Kraus – vero nome Edita Polachova – nacque a Praga nel 1929. Durante l’occupazione tedesca della Repubblica Ceca, nel 1939, al padre, Hans Polach, venne proibito di esercitare la sua professione come professore di Diritto, la famiglia fu espulsa dall’abitazione e la sua infanzia segnata per sempre. Nel 1942, la giovane con la famiglia fu deportata nel ghetto di Theresienstadt. Nonostante le dure condizioni di vita, Dita poté ricevere una buona istruzione da alcuni insegnanti ebrei, tra i quali Fredy Hirsch. Nel 1943, la ragazza, di soli 14 anni, e la famiglia furono mandati nel campo di sterminio di Auschwitz- Birkenau. Lì, Dita continuò a ricevere una sorta di istruzione sotto la guida di Hirsch, che gestiva il ‘Blocco 31”, dove erano presenti anche i bambini e un gruppo di insegnanti, tra i quali Otto Kraus.
A Dita, con il numero 73305 tatuato sul braccio, fu anche affidato un incarico pericoloso: custodire segretamente alcuni libri trovati nei bagagli dei deportati. Quei pochi preziosissimi volumi, simbolo di speranza nel momento più buio dell’umanità, per i quali la ragazza rischiava la vita ogni giorno, divennero una piccola biblioteca clandestina per i bambini e i deportati del campo.
Il padre di Dita morì poche settimane dopo l’arrivo ad Auschwitz. Anche Hirsch perse la vita in circostanze misteriose. Nel marzo del 1944, la metà dei bambini del Blocco 31 fu mandata nelle camere a gas. Dita e sua madre temevano di essere le prossime, invece, a luglio dello stesso anno, furono trasferite ad Amburgo dal famigerato “Angelo della Morte”, il dottor Josef Mendele, per essere impiegate in un campo di lavoro. Da lì, furono mandate a Bergen-Belsen, dove entrambe contrassero il tifo. Dita sopravvisse alla malattia, mentre sua madre ne morì nel giugno del 1945, due mesi dopo la loro liberazione. Orfana, la giovane tornò a Praga, dove ritrovò la nonna, la zia e Otto Kraus, uno degli insegnanti del Blocco 31 ad Auschwitz, che sposò poco dopo. Nel 1949 Dita e Otto Kraus emigrarono in Israele, dove trascorsero trent’anni anni, insegnando presso l’‘Hadassim Youth Village’.
Dita fu anche una pittrice – specializzata in soggetti floreali – e una scrittrice. Il suo libro di memorie, “A Delayed Life”, è stato pubblicato nel 2020 da Penguin Random House.
Il ministro degli Esteri ceco Jan Lipavský ha voluto rendere omaggio alla “coraggiosa connazionale, sopravvissuta all’Olocausto” Dita Kraus, scrivendo in un post su X: “Ricordo con affetto i nostri incontri e il suo spirito di vita eterna, attraverso il quale ha conquistato i cuori di tutti coloro che la circondavano”.