“Papa Francesco ha spesso sottolineato che un cristiano, per natura, non può essere antisemita, perché il cristianesimo ha radici ebraiche. Se un cristiano fosse antisemita, segherebbe il ramo su cui è seduto, rinuncerebbe alla sua identità originaria, si sradicherebbe e fluttuerebbe in uno spazio indefinito”. Lo scrive sull’Osservatore Romano mons. Norbert Hofmann, segretario della Commissione vaticana per i rapporti religiosi con l’ebraismo, in occasione della Giornata dell’ebraismo che la Chiesa in Italia celebra quest’anno il 16 gennaio, ed è celebrata anche dalle Chiese in Polonia, Austria e nei Paesi Bassi. “Il cristianesimo”, scrive il sacerdote tedesco, “ha senza dubbio radici ebraiche, che costituiscono la nostra base spirituale comune, sia oggi che ai tempi di Gesù, il quale nacque ebreo, visse nella tradizione ebraica della sua epoca e morì sulla croce come ebreo. Sua madre, i suoi più intimi compagni, che rese partecipi della sua missione come apostoli, erano tutti ebrei e provenivano dallo stesso ambiente, ovvero dall’ebraismo della Galilea nella prima metà del I secolo d.C. In virtù delle stesse radici, tra ebraismo e cristianesimo esistono molti punti in comune che possono essere esplorati nel dialogo ebraico-cristiano e che possono rivelarsi utili per una feconda collaborazione. Per i cristiani, il dialogo con gli ebrei non è un semplice passatempo per conoscersi e capirsi meglio; è piuttosto una questione di identità. Solo guardando alle proprie radici ebraiche, i cristiani potranno comprendere in maniera più approfondita le proprie origini e il proprio futuro e potranno rapportarsi in modo adeguato con l’ebraismo”.