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    ISRAELE

    Hamas arretra, Israele al bivio: trattare o finire la missione?

    Hamas avrebbe trasmesso una risposta positiva ai mediatori Egitto e Qatar riguardo a una bozza di accordo simile alla cosiddetta “proposta Witkoff”, secondo quanto riferito da fonti arabe. Israele, che ha ricevuto la risposta solo successivamente, non ha ancora preso una posizione ufficiale, ma secondo fonti egiziane fornirà una risposta entro Shabbat.
    L’accordo, secondo fonti arabe citate da Al-Mayadeen, includerebbe:
    • cessate il fuoco di 60 giorni;
    • il ritiro delle forze israeliane per mille metri da alcune aree del nord e dell’est della Striscia di Gaza (eccetto Shuja’iyya e Beit Lahia);
    • il rilascio di 10 ostaggi israeliani vivi in cambio di 200 prigionieri palestinesi, tra cui detenuti condannati all’ergastolo;
    • la fornitura di aiuti umanitari (carburante, elettricità, attrezzature per ospedali);
    • una revisione congiunta delle mappe relative alla presenza militare dell’IDF nella Striscia.

    Netanyahu sotto assedio politico
    La nuova fase pone il Primo Ministro Netanyahu in una posizione estremamente delicata, stretto tra forti pressioni provenienti sia da destra che da sinistra.
    A destra, figure come Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich avvertono che accettare un accordo parziale equivarrebbe a “una catastrofe storica” e segnerebbe “il mancato completamento della vittoria su Hamas”. A loro avviso, ogni concessione in questa fase rappresenta un segnale di debolezza strategica e un rischio per le generazioni future.
    Dall’altra parte, il fronte centrista guidato da Benny Gantz sollecita una decisione rapida e responsabile. “La coalizione ha una maggioranza chiara e una solida rete di sicurezza. Ora è il momento di decidere — per il bene degli ostaggi e della sicurezza nazionale” ha dichiarato.

    La logica della pressione
    Secondo fonti israeliane, Hamas avrebbe accettato la proposta proprio in seguito all’intensificarsi della pressione militare, e in particolare alla prospettiva concreta di una conquista della città di Gaza da parte dell’IDF. Anche il Ministro della Difesa, Katz, e il Capo di Stato Maggiore parlano apertamente di un “punto di svolta” nella guerra, sottolineando che Hamas si trova oggi in una situazione di estrema difficoltà.

    Un’occasione o un rischio?
    Resta da vedere se Netanyahu — che solo ieri ha ribadito che “Hamas è sotto una pressione enorme” — manterrà la linea annunciata nei giorni scorsi, ovvero il rifiuto di ogni accordo parziale, oppure se deciderà di cogliere l’opportunità, spinto dalle pressioni internazionali, dall’urgenza umanitaria e dalla speranza di riportare a casa almeno una parte degli ostaggi.
    Ogni scelta comporterà un prezzo. Ma in un momento in cui Hamas mostra segni visibili di cedimento, la vera domanda non è solo “quanto possiamo ottenere ora”, bensì “a quale costo per il domani”.

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