
Una sosta qualunque in autostrada, un padre e suo figlio. Poi un’aggressione violenta, dettata dall’odio antisemita. È accaduto vicino a Milano, in piena estate, nell’Europa del 2025. Eli Sultan, ebreo francese, è stato aggredito da alcuni sconosciuti mentre si trovava con il figlio di sei anni. Eli è stato insultato, colpito, strattonato, sotto gli occhi del bambino. “Avevo paura solo per lui”, racconta a Shalom. Gli aggressori hanno urlato frasi come “Questa non è Gaza, siamo in Italia, siamo a Milano. Siete dei criminali”, accompagnate da slogan carichi di odio come “Palestina libera” e “assassini”. Secondo quanto riportato anche da alcuni testimoni sui social, l’episodio è rapidamente degenerato: sono state pronunciate frasi del tipo “andatevene dal nostro Paese” e “brucerete all’inferno”, con un’escalation di minacce rivolte non solo a Eli, ma anche al suo bambino. Nessuna provocazione: solo l’odio gratuito.
Come ha reagito suo figlio sul momento? E come vive quanto accaduto ora?
È rimasto paralizzato in quel momento. Io cercavo solo di proteggerlo, ma mi sono sentito impotente. Ora lui sta bene, e per me è la cosa più importante. Nell’istante in cui tutto è avvenuto la priorità era proteggere lui, è il nostro dovere in un periodo così complesso tenere al sicuro i nostri bambini.
Cosa ha pensato in quel momento? Aveva mai sperimentato qualcosa di simile vivendo in Francia?
Ogni giorno mi dico: “Forse è solo oggi che va così”. Ma quella mattina ho capito che non era solo oggi, né solo in Francia. Questo antisemitismo è ovunque, è storico, è profondo. Mio genero, che è italiano, mi ha detto: “Una cosa del genere qui non era mai successa”. Nemmeno lui riusciva a crederci. Io vivendo la realtà francese mi sono abituato ad atti di antisemitismo, ma vedere tutto questo in Italia fa paura.
Cosa pensa del clima che si respira oggi in Europa?
Penso che tutto ciò che sta accadendo, dalle intimidazioni fisiche, alle manifestazioni, ai vari boicottaggi contro gli ebrei non abbia più nulla a che fare con Gaza – e forse non l’ha mai avuto davvero. L’odio contro gli ebrei esiste da sempre. Ora c’è solo una scusa in più per tirarlo fuori e palesarlo. È come se qualcuno avesse aperto le porte e dato il permesso a questa ventata di antisemitismo di entrare con violenza dovunque.
Quali sono state le reazioni dopo l’aggressione? Ha ricevuto sostegno?
Sì, molto. Dalle Comunità Ebraiche di tutto il mondo. E questo mi ha fatto sentire più forte, come ebreo. Ora sto bene, forse anche più di prima. Perché sono orgoglioso e consapevole di ciò che sono. Ma non possiamo abbassare la guardia. Anzi, questo è ciò che vorrei dire ad ogni ebreo: non dobbiamo avere paura.
Al netto di quanto è accaduto cosa pensa oggi?
Il nostro compito è continuare a vivere. È importante che gli ebrei non si nascondano, che siano forti, che non si lascino spaventare. Dobbiamo proteggerci, sì, ma anche farci vedere. La responsabilità è collettiva: quella mattina ho capito che proteggere mio figlio non è solo un mio dovere. È un dovere di tutti. In un cento senso significa difendere la nostra identità.