
Due città europee, due gesti simbolici, due reazioni che descrivono il clima che si respira in Europa. A Nizza, il sindaco è stato costretto a rimuovere la bandiera israeliana dal municipio dopo l’intervento del prefetto e una sentenza del tribunale. A Dublino, invece, Israele chiude la propria ambasciata in risposta alla politica estera dell’Irlanda, accusata di “ostilità sistematica”.
Nella città della Costa azzurra la bandiera israeliana sventolava sul municipio dal 7 ottobre 2023, in segno di solidarietà con Israele dopo l’attacco di Hamas. Ma a giugno 2025, il prefetto delle Alpi Marittime Laurent Hottiaux ne ha ordinato la rimozione, richiamando il principio di neutralità degli edifici pubblici. La decisione, confermata dal tribunale amministrativo, ha scatenato una reazione immediata del sindaco Christian Estrosi, che ha definito la rimozione “una ferita per la memoria e per la giustizia”. Estrosi ha poi aggirato il divieto esponendo uno striscione per la liberazione degli ostaggi israeliani, in quello che ha definito “un atto di resilienza civile”.
La vicenda francese si inserisce in un contesto delicato, in cui le manifestazioni pro-palestinesi si sono moltiplicate negli ultimi mesi e crescono le pressioni su diversi municipi affinché evitino ogni simbolo che possa essere interpretato come presa di posizione politica.
Diversa e ben più grave sul piano diplomatico la crisi esplosa in Irlanda. A dicembre 2024, Israele ha annunciato la chiusura della sua ambasciata a Dublino, definendo l’Irlanda “uno degli Stati più ostili d’Europa”. Il gesto ha fatto seguito al riconoscimento unilaterale della Palestina da parte del governo irlandese e al suo sostegno all’azione del Sudafrica presso la Corte Internazionale di Giustizia in cui si accusa Israele di genocidio a Gaza.
La risposta irlandese non si è fatta attendere. Il Taoiseach (capo del governo della Repubblica d’Irlanda) Simon Harris ha definito la decisione israeliana “deplorevole e infondata”, respingendo ogni accusa di antisemitismo. “Essere critici verso le politiche di un governo non equivale a nutrire odio verso un popolo” ha dichiarato. Anche il presidente Michael D. Higgins è intervenuto, denunciando come totalmente “diffamatoria” la strategia di equiparare ogni critica a Israele all’antisemitismo.
Tuttavia, la chiusura dell’ambasciata ha fatto emergere tensioni interne. Diversi esponenti della comunità ebraica irlandese hanno denunciato un clima crescente di insicurezza, con episodi di antisemitismo in aumento, scritte sui muri e slogan intimidatori nei cortei pro-palestinesi. “Ci sentiamo invisibili ed esclusi dal discorso pubblico” ha detto il rabbino capo Yoni Wieder.