
ANU, il Museo del popolo ebraico di Tel Aviv, ha inaugurato giovedì 5 giugno una nuova mostra intitolata “A lens of theirown”, “Una lente tutta sua”. Con l’ambizioso e originale sottotitolo 20&20, che rimanda a uno dei più comuni formati delle stampe fotografiche, i curatori Michal Houminer e Asaf Galay presentano le opere di venti celebri fotografe pioniere accostandole a venti fotografe contemporanee: “nelle sale – spiegano – i visitatori ritrovano il fascino delle fotografie in bianco e nero fino a giungere alle infinite sfumature attuali: dall’era Leica all’era Like, proponiamo un ritratto polifonico del nostro mondo, un viaggio centenario attraverso le lenti femminili che evocano l’ universalità della creatività ebraica”.
Negli anni in cui la fotografia si affermava come arte, molte sono le state le donne salite alla ribalta, in controtendenza con altre arti in cui le figure femminili faticavano ad imporsi. Le fotografe erano coraggiose e iconiche, si guadagnavano da vivere scattando immagini, viaggiavano per il mondo senza mai abbandonare le macchine fotografiche, presentavano i loro lavori in mostre internazionali, si facevano apprezzare un po’ ovunque. Il secolo scorso, segnato da sconvolgimenti politici, sociali e tecnologici, ha portato al sublimarsi dell’espressione di artiste che hanno fissato gli eventi, documentato e testimoniato con la loro presenza di grande professionalità e ingegno, momenti storici epocali.
L’età d’oro delle donne nella fotografia è stata però di breve durata: dopo la II guerra mondiale le pioniere sono state rapidamente dimenticate. Oggi la mostra 20&20 rivisita quell’epoca cercando di “rimediare a un’ingiustizia storica, riconoscendo finalmente il loro contributo significativo e celebrando un momento vitale ma sottovalutato nella storia della fotografia”.
Oltre alle opere esposte di particolare interesse sono i profili biografici, spesso poco noti, che vengono tratteggiati. La fotografa e partigiana polacca Julia Pirotte, ad esempio, ha saputo unire il suo lavoro con la macchina fotografica alla resistenza armata; Maria Austria ha utilizzato le sue abilità per creare documenti falsi per i partigiani, Claude Cahun insieme al suo compagno ha fatto circolare un’arguta propaganda antinazista, Edith Tudor-Hart ha istituito una rete di spionaggio sovietico e sostenuto i lavoratori in Gran Bretagna, Lou Landauer si è trasferita in Israele dove ha animato una campagna per l’istituzione del dipartimento di fotografia alla nuova Accademia di arte Bezalel; Eva Besnyö ha utilizzato le sue capacità per sostenere il movimento femminista. Merita di essere narrata la biografia di Yva, nata Else Ernestine Neuländer-Simon, fotografa pioniera ebrea tedesca i cui scatti di moda e i ritratti le sono è valsi il plauso durante la Repubblica di Weimar. Nel 1925 aveva aperto uno studio fotografico a Berlino; divenuta celebre, pubblicò le sue opere su Die Dame, Uhu e altre riviste, sperimentò anche tecniche all’avanguardia per l’epoca come il fotomontaggio e i saggi fotografici. Nel 1938 dopol’ascesa del regime nazista, il suo studio fu chiuso, venne espulsa nel 1942 emolto probabilmente morì nel campo di concentramento di Majdanek.
Tra le artiste contemporanee merita attenzione la fotografa israeliana Michal Chelbin, nata nel 1974. “Il mio scopo – dice – è registrare una scena in cui ci sia un misto di informazioni dirette ed enigmi e in cui ci siano contrasti visivi tra giovani e vecchi, grandi e piccoli, normali e anormali. Per me l’immagine è solo la punta dell’iceberg; è il cancello di una storia che aspetta di essere raccontata”
Foto: A Lens of Her Own Exhibition at ANU Museum of the Jewish People