
Pubblichiamo di seguito l’intervista a Noemi Di Segni, candidata presidente della lista Ha Bait
Quali sono le sfide più urgenti che la CER deve affrontare?
Sono sfide interne ed esterne. Rispetto al contesto esterno, tessere ed intensificare relazioni con enti ed istituzioni locali di riferimento, con giovani, con le altre minoranze, con la cittadinanza, per rafforzare il loro legame con gli ebrei romani incontrandoli come parte integrante nei secoli della società civile. Non solo nei giorni di memoria e per contrastare l’antisemitismo ma condividendo l’immensità del patrimonio culturale e di beni culturali come percorsi di convivenza. Verso l’interno rafforzare senso di appartenenza, partecipazione alla comunità, e anche il dovere di contribuire al sostenimento della stessa; razionalizzare e sinergizzare tra vari enti e dipartimenti preposti all’erogazione di servizi essenziali: educazione, welfare, cultura, culto. Anche in raccordo utile con enti nazionali e di altre comunità.
Valori, principi, ideali: cosa è che accomuna i candidati della vostra lista e che vi distingue dalle altre liste?
Riconoscere ad ogni iscritto il suo essere parte valevole di una Comunità che abbraccia e protegge tutti; di contribuire al funzionamento dell’ente comunitario con le competenze ed esperienze che abbiamo maturato lavorando per il bene dell’ente e dell’ebraismo italiano, cercando la sintesi e la sostenibilità legale, economica sociale in ogni scelta che impatta a medio lungo termine.
Oggi affrontiamo una recrudescenza di antisemitismo e di tentativo di delegittimare Israele. Quali misure e quale profilo deve adottare una comunità in questo scenario?
Sostenere Israele, distinguendo il nostro impegno di “hasbarà” rispetto a quello dell’ambasciata o degli esponenti israeliani, ribadendo che l’esistenza dello Stato di Israele non solo è un dato di diritto e di fatto ma che riguarda lo stesso futuro dell’Europa. Prendere atto delle crepe e le fratture che connotano certi partiti e gruppi politici. Con una certa sinistra che non riesce più ad associare agli ebrei e ad Israele l’eredità morale dell’antifascismo e l’affermazione democratica, così come l’estrema destra pericolosamente legittimata in alcuni contesti e sedi anche formali.
Scuola, movimenti, famiglie e giovani: in un’epoca di grandi incertezze, come investire sul futuro?
L’identità ebraica nasce, matura e si consolida nel percorso che integra in modo armonioso e accogliente tutti gli spazi menzionati, ciascuno con la sua responsabilità ma anche coadiuvato dagli altri. La fragilità esistenziale, la crisi economica, sociale o psicologica, deve avere sostegno e supporto per non portare famiglie e giovani a rinunciare alla frequentazione, così come le scelte di religiosità non devono rappresentare vincoli selettivi.
Come valorizzare il patrimonio della CER attraverso una gestione trasparente, sostenibile, proficuo?
Riesaminare per ogni segmento di servizi con quali enti è organizzato, meccanismi di governance, rafforzare il ruolo delle commissioni consigliari e prevedere per ogni posizione elettiva, professionale o di lavoro dipendente un concorso e manifestazione di interesse. Non assegnazioni sulla base di rappresentanza politica o a nome di una lista. Pubblicando ordini del giorno e condividendo proposte in fase di ideazione e decisioni assunte in modo da coinvolgere e responsabilizzare tutti gli aventi diritto, portatori di idee e di competenze. Ricordando che la comunità non è un’azienda, non è un club, ma un ente ebraico e religioso che risponde a priorità morali, avendo come destinatari di servizi una collettività molto eterogenea. Nel percorso da fare, spero con spirito collaborativo, alla fine le priorità vanno definite in base alle risorse umane e finanziarie disponibili. Non tutto si può fare subito ed è importante trovare un equilibrio tra gestione ordinaria e nuovi cantieri che si basano su fondi da reperire e competenze specialistiche da migliorare.
Quali sono le competenze più forti che avete voluto mettere in gioco nella vostra lista?
Noi pensiamo di avere utili competenze in diversi ambiti gestionali, che devono essere integrate anche con quelle dei dipendenti e dei volontari che partecipano alla vita comunitaria, ma è l’esperienza e la partecipazione diretta e concreta che potrà confermarle.
Se dovesse essere eletta presidente, come immagina la comunità tra 4 anni, al termine del mandato del prossimo consiglio?
Premesso che l’impegno e la vision sono quelli che si riescono a condividere e portare avanti grazie al lavoro di un gruppo e di un consiglio coeso, e nessuno realizza percorsi da solo, spero di vivere in una comunità che alza la voce per cantare e non per litigare; che riesce ad essere uno spazio dove persone con idee diverse possono parlare e confrontarsi senza sopraffazione che afferma una sola verità; che si fa sentire all’esterno per condividere emozioni e traguardi e non per contestare, e arginare odio e pericoli; che riesce ad essere un punto di riferimento per ogni correligionario senza mai sentirsi dire che la comunità ha le porte chiuse e non esiste per lui; che non è percepita dall’esterno come gruppo chiuso che oppone ma come comunità dialogante.