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    EUROPA

    “L’inazione contro l’antisemitismo è imperdonabile”. L’European Jewish Association approva una risoluzione straordinaria

    Si è appena conclusa la conferenza annuale dell’European Jewish Association (EJA), che si è tenuta l’11 e il 12 maggio a Madrid. Il titolo “Costruire o abbandonare? Tempo di decidere per gli ebrei d’Europa” (Building or leaving? Decision Time for Europe’s Jews) è una domanda destinata a risvegliare il dibattito tra le istituzioni e a promuovere azioni per combattere l’antisemitismo crescente, un quesito che ha guidato presentazioni e dibattiti alla presenza di oltre 150 leader dell’ebraismo europeo. Sullo sfondo di una situazione politica complessa, che rende spesso incerta la prospettiva vita in Europa, il Rabbino Menachem Margolin, presidente dell’EJA, in apertura dei lavori ha riaffermato come “l’antisionismo e l’antisemitismo sono due facce della stessa medaglia”. E non è solo una percezione, ma lo raccontano i dati emersi da un sondaggio esclusivo condotto da Ipsos–EJA e che destano inquietudine. Numeri che rendono evidente come la lotta all’antisemitismo non sia una priorità per i cittadini europei e di quanto la percezione della popolazione ebraica sia peggiorata dopo il 7 ottobre, considerando che il 20,4% degli europei colpevolizza gli ebrei nei propri paesi per il conflitto in corso.
    Molte delle voci internazionali intervenute hanno espresso chiaramente come sia arrivato il tempo di una maggiore consapevolezza da affiancare ad azioni concrete per le istituzioni politiche e accademiche. Infatti, Douglas Murray, giornalista e commentatore politico britannico, ha ribadito come “l’antisemitismo è la malattia che segnala il decadimento di una società. Gli ebrei devono essere forti e visibili ovunque. Qualsiasi società che tollera gli antisemiti è destinata a disgregarsi”, estendendo così la prospettiva oltre le istituzioni ebraiche. A questa affermazione fanno eco le parole di Rav Yehuda Kaploun [da poco nominato dal presidente Donald Trump inviato speciale per monitorare e combattere l’antisemitismo], il quale ha ricordato come “oltre 40 governi si sono impegnati contro l’antisemitismo, devono ora mantenere quelle promesse. Le università non possono essere rifugi sicuri per l’odio”. Ed è proprio da questi luoghi che spesso arrivano le manifestazioni più violente proprio perché “l’antisemitismo non è più un fenomeno marginale ma è stato normalizzato – ha detto il professore Eli Sapir dell’Università di Maastricht – poiché il pericolo reale è nella sua accettazione da parte di istituzioni pubbliche”.

    In questo clima è inevitabile una maggiore allerta per la sicurezza come ha espresso Manuel Valls, ministro e già Primo Ministro di Francia: “l’Europa è tornata a essere un luogo dove si può essere uccisi perché ebrei” in cui la cooperazione tra istituzioni raccontata da Torsten Kruckemeier, capo della polizia dell’Assia (Germania), può essere una strategia. Joel Mergui, presidente del Concistoro di Parigi, ha affermato che “Il legame tra ebrei europei e Israele è indissolubile. Le nostre comunità hanno dato tutto all’Europa, e non andremo via” è arrivato il tempo di non restare in silenzio. È in questo senso che è stata approvata la risoluzione straordinaria – dall’Italia presenti Riccardo Pacifici (Vice-Chairman for Italy and Jewish Heritage EJA) e Luca Spizzichino (presidente dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia) – che è un monito e un’esortazione all’Europa a intensificare la lotta contro l’antisemitismo, perché l’immobilità è imperdonabile.

    Foto: Ph. Yoav Dudkevitch

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