
L’attore commosso sale sul palco a ritirare il premio più prestigioso del cinema italiano. È la notte delle statuette nostrane, ognuno ha qualcosa di coinvolgente, di giusto, di memorabile da dire dal tanto ambito pulpito. I veterani premiati hanno sempre qualche memoria, storie di vita vissuta da raccontare, gli interpreti più giovani talvolta hanno l’urgenza di condividere il loro impegno sociale; tra questi vi è il nostro attore commosso, che è anche bravo e che nell’opera premiata veste i panni di un personaggio che ha scritto la storia di un partito italiano. È notte, le ore si son fatte piccole, i premiati sono tanti. L’attore raggiunge il pulpito, dopo gli abbracci di rito ed essersi tolto una kefiah dal collo, eccolo lì che inizia a parlare. La premessa al discorso adrenalinico è che naturalmente anche lui di battaglie ne fa tante. Lui ha studiato il personaggio che interpreta, ci tiene a dirlo, e voleva raccontare tanto del suo paese.
Mentre il bravo interprete parla, penso che è molto tenera l’immagine dell’attore impegnato che “fa i collegamenti”, come si diceva una volta quando ci si preparava per l’esame di terza media: questo discorsetto emozionato ricorda i tempi oramai lontani, quando gli alunni entusiasti avevano fretta di ripetere tutta la lezione studiata sul tanto rimpianto sussidiario. Ha studiato, il bel film veramente lo dimostra. Continua nel suo discorso il nostro attore per spiegare che la missione era raccontare tanto del nostro paese, di “questa nostra democrazia” che, a suo dire, viene dal movimento femminista, dal movimento studentesco e dal movimento operaio.
L’appello si fa accorato, l’adrenalina sale alle stelle: il premio lo dedica a chi lotta e lotterà per la “parità di dignità” che “c’è scritta sulla nostra Costituzione” (sic!). L’emozione tradisce forse la lingua italiana, ma fin qui va bene, anche se in modo sgarrupato come direbbero a Napoli, è sempre giusto ricordare i principi della nostra Costituzione, risultato delle battaglie e del sangue versato dei partigiani e di chi ha combattuto il fascismo (ben prima dei movimenti). Ma poi arriva il minestrone, con tanto di prezzemolo, ovvero la causa propal, che attira applausi di consenso, in cui il bravo attore scopre l’acqua calda, ovvero che tutti hanno la stessa dignità. I bianchi e i neri, i poveri e i ricchi, gli uomini e le donne. “E permettetemi di dire – chiude – un palestinese la stessa dignità di un isdraeliano” (con la “D”). Un bagno di applausi ormai scontati con i tempi che corrono e l’aria propal che tira negli ambienti della Settima arte. Però verrebbe da chiedere al bravo attore impegnato che ha scoperto la Costituzione, che ne è della dignità di un israeliano rapito da Hamas, di quelli ancora prigionieri nei tunnel di Gaza, dei bambini israeliani rapiti, massacrati e ancora delle donne israeliane stuprate, seviziate sempre dai terroristi palestinesi. Loro ormai sono stati tutti dimenticati, non portano abbastanza applausi. Tra le tante battaglie che fa, questa per lui non merita attenzione, forse ci vuole troppo coraggio oggi a sostenerla nei salotti e nelle platee della cultura. Un’ultima annotazione, a proposito di cultura: “israeliano” si scrive e si pronuncia con la R, non con la D.