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    ITALIA

    Elio Toaff, il rabbino partigiano: coraggio, fede e libertà nella resistenza italiana

    Il 25 aprile non è solo la data della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo: è anche un’occasione per ricordare chi, con coraggio e senso del dovere, ha lottato per la libertà mettendo a rischio la propria vita. Tra questi, c’è una figura luminosa e forse ancora troppo poco conosciuta ai più: Elio Toaff, il rabbino che fu anche partigiano. Elio Toaff scelse di non restare spettatore: si fece testimone e protagonista di un’Italia che lottava per rialzarsi.

    Una vita intrecciata alla storia d’Italia

    Nato a Livorno il 30 aprile 1915, Elio Toaff crebbe in una famiglia profondamente radicata nella tradizione ebraica. Suo padre, Alfredo Sabato Toaff, era rabbino capo della città e direttore del Collegio Rabbinico, dove Elio intraprese i suoi studi religiosi. Parallelamente, frequentò la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pisa, laureandosi nel 1938. Nonostante le difficoltà imposte dalle leggi razziali fasciste, fu ordinato rabbino nel 1939.

    Resistere per dignità, combattere per libertà

    Dopo l’8 settembre 1943, Elio Toaff fu costretto a fuggire. Ricercato dai fascisti, si rifugiò in Versilia, dove si unì ai partigiani della Brigata Garibaldi. Non fu solo una guida spirituale: partecipò attivamente alla Resistenza, sostenendo le attività del movimento partigiano, offrendo assistenza a perseguitati politici ed ebrei, e condividendo i pericoli della lotta armata.

    Un episodio particolarmente drammatico segnò la sua esperienza: fu arrestato da un reparto delle SS comandato dal maggiore tedesco Walter Reder, un ufficiale della stessa età del rabbino Toaff, ventinove anni, che poi successivamente farà anche l’eccidio di Marzabotto dove furono trucidate 1836 persone. Condannato a morte, Toaff fu costretto a scavarsi la fossa. Tuttavia, dopo un breve scambio in francese con un ufficiale delle SS, gli fu ordinato di fermarsi e venne risparmiato. Pochi giorni dopo, Toaff fu tra i primi partigiani a entrare nel villaggio di Sant’Anna di Stazzema, teatro di una delle più atroci stragi naziste, dove furono uccisi circa 560 civili, tra cui molti bambini. Toaff ricordò con orrore le scene che si presentavano ai suoi occhi, testimonianze indelebili della brutalità del conflitto.

    Dalla lotta alla ricostruzione morale

    Terminata la guerra, Toaff divenne Rabbino capo di Venezia e, dal 1951, Rabbino capo di Roma, incarico che mantenne fino al 2001. Fu un instancabile costruttore di ponti: tra culture, tra religioni, tra passato e presente. Il suo nome è legato a uno dei momenti più emblematici della storia del dialogo interreligioso in Italia: l’ingresso di Papa Giovanni Paolo II nella Sinagoga di Roma nel 1986, accolto proprio da lui. Fu un gesto senza precedenti, che simboleggiò la fine di secoli di diffidenze e l’inizio di una nuova epoca di rispetto e riconoscimento reciproco tra cristiani ed ebrei.

    Tuttavia, i tempi del dialogo interreligioso sono oggi profondamente cambiati. Con il ministero pontificio del defunto Papa Francesco, la Chiesa ha scelto con decisione la via di una universalità pastorale, aprendosi a tutte le culture e fedi del mondo. Una scelta che, secondo l’avviso di chi scrive, ha comportato un certo allontanamento dalle radici ebraico-cristiane della cultura europea e mediterranea, che invece furono centrali nel magistero di Giovanni Paolo II e nel pensiero stesso di Toaff.

    In questo contesto, l’eredità di Elio Toaff appare ancora più preziosa: un richiamo alla profondità delle radici comuni, al valore della memoria, e all’importanza di un dialogo che non si costruisca sull’annullamento delle identità, ma sul loro autentico riconoscimento.

    Un legame profondo con Israele

    Elio Toaff nutriva un profondo legame con lo Stato di Israele, considerandolo non solo un rifugio per gli ebrei della diaspora, ma anche un simbolo della rinascita e della dignità del popolo ebraico dopo la Shoah. In diverse occasioni, Toaff sottolineò come l’indipendenza di Israele rappresentasse la fine dell’interrogativo se gli ebrei dovessero essere considerati solo una comunità religiosa dispersa o un popolo a tutti gli effetti. Egli affermava che la nascita dello Stato d’Israele aveva posto fine a questo dilemma, restituendo agli ebrei una patria e una nuova identità nazionale.

    Questo legame si manifestava anche attraverso il suo impegno nel promuovere la comprensione e il sostegno verso Israele all’interno della comunità ebraica italiana e nel dialogo interreligioso. Toaff partecipò a numerosi eventi e incontri che miravano a rafforzare i rapporti tra Israele e la diaspora, sottolineando l’importanza di una solidarietà attiva e consapevole.

    “La mia storia ha inizio a Livorno, la città dove sono nato e dove ho imparato a fare il rabbino”

    Così Toaff ricordava la sua città, con la quale, nonostante gli incarichi che lo portarono lontano, egli mantenne sempre un forte legame. La città, nota per la sua tradizione di tolleranza e apertura grazie alle Leggi Livornine del 1591 che consentirono per secoli la libera confessione di tutte le fedi, influenzò profondamente la sua formazione spirituale e intellettuale. Alla sua morte, avvenuta il 19 aprile 2015, Livorno gli rese omaggio con una partecipazione calorosa e sentita ai funerali, testimoniando l’affetto e la stima che la comunità nutriva per lui.

    Un esempio da non dimenticare

    Elio Toaff ha rappresentato la sintesi tra identità religiosa e impegno civile. Il suo coraggio nella Resistenza, la sua fede nella giustizia e il suo instancabile lavoro per la memoria della Shoah e per il dialogo fanno di lui una figura esemplare. Ricordarlo il 25 aprile significa riconoscere che la Liberazione è stata frutto del coraggio di tanti, anche di quegli italiani ebrei che, come lui, hanno combattuto due volte: contro l’oppressore e contro il pregiudizio.

    Una memoria che ci parla ancora oggi

    In un tempo in cui il ricordo della Resistenza rischia di sbiadire, la storia di Elio Toaff ci richiama all’essenziale: alla necessità di difendere i valori della libertà, della dignità umana, della solidarietà. Il 25 aprile è anche suo. Ed è nostro compito non dimenticarlo.

    “La libertà non è un dono. È una conquista che si rinnova ogni giorno, con la coscienza, con la memoria, con il coraggio di dire no all’indifferenza”, Elio Toaff.

     

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