
Il Fralin Museum of Art dell’Università della Virginia di Charlottesville ospita la bella mostra intitolata “Tra mano e rotolo: i puntatori della Torà della Collezione Barr”. In una sede prestigiosa e poco nota viene proposta per la prima volta una selezione di yad raccolte da Clay Barr in onore e in ricordo del marito Jay D.A. Barr. Significativi sono gli esemplari del XVIII e del XIX secolo, ma anche alcune opere del XX secolo e altre contemporanee, commissionate fino al 2024.
L’origine dello yad è incerta: alcune fonti lo fanno risalire agli anni intorno al 130. Si narra che nel corso della terza guerra giudaica, nota anche come rivolta di Bar Kokhbà, gli insegnanti delle scuole della città di Bethar, prima della distruzione della stessa, lo utilizzassero come arma contro i nemici. La sua diffusione massiccia come strumento di culto, con le sembianze attuali, inizia in Europa tra il XV e XVI secolo e coinvolge rapidamente tutte le comunità ebraiche del continente. La sua funzione nel rituale ebraico è fondamentalmente legata a una necessità pratica: consentire al lettore dei rotoli della Torà di seguire il testo rispettando il divieto di toccare le sacre scritture con le mani. Dal punto di vista estetico, gli yad mantengono alcune caratteristiche comuni: una lunghezza intorno ai 30 cm e la forma di bastone che si restringe all’estremità fino ad assumere la forma della mano. Le varianti stilistiche sono numerose, sia dal punto di vista del materiale, prevalentemente d’argento, ma anche in legno, sia delle decorazioni e delle finiture, per lo più legate alle influenze delle zone geografiche di origine. E così si hanno modelli dorati o ricoperti di gioielli, con forme a spirale, altri decorati con motivi geometrici. Spesso gli yad riportano incisioni di versi biblici o il nome del donatore. Anche le forme della mano sono molto varie: da quella classiche con il solo dito indice esteso, a quelle con la mano completamente aperta o completamente chiusa a formare un pugno. In sostanza, gli yad sono bene lontani dall’avere una forma standardizzata, proprio questa loro varietà li rende oggi oggetti d’antiquariato molto interessanti per collezionisti e appassionati.
I puntatori qui riuniti sono realizzati in oro, argento, pietre dure, perle e gioielli, ma degna di attenzione è un’opera in cui fanno bella mostra le setole di pelo di tasso o un’altra con un dente di balena, o ancora una con aculei di porcospino, vertebre di coregone, lattine riciclate, bossoli di proiettili in ottone e persino uno skateboard.
La mostra, che rimarrà aperta fino al 20 luglio, è realizzata grazie al sostegno dei volontari del consiglio del Fralin Museum of Art con un finanziamento della Virginia Humanities e affiancata da un ricco programma di lezioni e seminari.
Foto: The Fralin Museum of Art at the University of Virginia