“Nessuno all’interno di Hamas sa con certezza dove siano detenuti tutti gli ostaggi” ha dichiarato Micha Kobi, ex alto funzionario dello Shin Bet e in passato interrogatore del leader di Hamas Yahya Sinwar, in un’intervista a Maariv. Kobi ha evidenziato che, nonostante la frammentazione del potere all’interno dell’organizzazione, sono ancora attive delle cellule, organizzate anche su base familiare, che continuano a rappresentare una minaccia significativa. Questo frazionamento rende estremamente complessa l’operazione di recupero degli ostaggi, poiché “qualcuno potrebbe conoscere la posizione di uno o due ostaggi, ma è improbabile che vi sia una sola persona informata della posizione di tutti”.
Per Kobi, un possibile accordo con Hamas rimane, al momento, solo un’illusione. “Non si può parlare di trattativa: è puro ricatto. Hamas sta sfruttando senza pietà lo Stato” ha spiegato. Con la scomparsa di Sinwar, era stata considerata l’ipotesi di offrire incentivi economici a chiunque riportasse indietro un ostaggio, una strategia che non è stata ancora messa in atto. Kobi ritiene che potrebbe essere utile riprenderla, incentivando la collaborazione di famiglie che potrebbero possedere informazioni, con una ricompensa economica per chi fornisce dettagli utili.
La gestione degli aiuti umanitari a Gaza è un altro aspetto critico: Hamas manipola il sistema, confiscando le risorse destinate ai civili e rivendendole a prezzi esorbitanti. “Ogni camion di aiuti che entra a Gaza viene sequestrato da Hamas, e le merci sono rivendute sul mercato nero a prezzi che la popolazione può a malapena permettersi” ha spiegato Kobi. A suo avviso, sarebbe fondamentale che Israele o una forza internazionale prendessero il controllo della distribuzione degli aiuti, per ridurre la dipendenza dei gazawi dall’organizzazione e favorire un accesso diretto e gratuito agli aiuti umanitari.
Kobi ha poi sottolineato l’importanza strategica del Corridoio di Philadelphi, ancora sfruttato da Hamas per il contrabbando di armi e fondi. Secondo l’ex agente dello Shin Bet, è essenziale mantenere un controllo rigoroso su questo passaggio. “Faranno di tutto per continuare il contrabbando, quindi dobbiamo monitorare costantemente il corridoio e i movimenti” ha affermato. Senza un controllo efficace, Hamas sarebbe in grado di ricostruire rapidamente il proprio arsenale e le risorse necessarie per proseguire il conflitto. Se Israele riuscisse a interrompere questi canali e indebolire la rete logistica di Hamas, Kobi crede che sarebbe possibile smantellare l’organizzazione nel giro di uno o due anni.
Nonostante il conflitto in corso, il sostegno dei civili palestinesi a Hamas non è diminuito, complici le gravi difficoltà economiche che li legano all’organizzazione. “Hamas controlla l’accesso alle risorse umanitarie, e questo rafforza il suo potere agli occhi della popolazione” ha spiegato. Per spezzare questo ciclo di dipendenza e sostenere una ripresa autonoma di Gaza, secondo Kobi, è necessario che la gestione delle risorse economiche e umanitarie ritorni alla popolazione locale, senza l’intermediazione di Hamas.