
La Svezia torna a far parlare di sé. Durante una manifestazione pro-palestinese tenutasi nella città di Umeå, nel nord del Paese, un’installazione ha suscitato profonda indignazione sia a livello nazionale che internazionale. Alcuni manifestanti hanno inscenato un’esposizione che mostrava manichini impiccati, vestiti con uniformi a righe simili a quelle dei prigionieri nei campi di sterminio nazisti. I manichini indossavano anche la stella gialla e numeri identificativi, simboli tipici della Shoah.
Accanto all’impalcatura con i manichini, erano esposte bandiere palestinesi e un cartello con la scritta in svedese “Genocide is genocide is genocide” (“Un genocidio è un genocidio è un genocidio”). Presente anche una figura mascherata con kefiah, che reggeva un bambolotto. Le immagini dell’evento sono state inizialmente pubblicate sui social media dal gruppo organizzatore, “Umeå for Palestine”, che ha descritto la scena come un’“installazione artistica”. Tuttavia, poco dopo la diffusione online, i post sono stati rimossi — anche se diversi screenshot circolano ancora sui media e sui social.
L’iniziativa ha provocato reazioni forti da parte dell’opinione pubblica e di alcune comunità ebraiche, che hanno criticato duramente l’accostamento tra la Shoah e la situazione attuale nella Striscia di Gaza. Molti si sono chiesti se l’intento fosse quello di equiparare direttamente l’azione israeliana nei territori palestinesi a un genocidio simile a quello perpetrato dalla Germania nazista. Nonostante la rimozione del post originale, il dibattito continua in Svezia, dove alcuni difendono l’installazione come espressione artistica e denuncia politica, mentre altri la definiscono un gesto di antisemitismo e negazionismo mascherato da attivismo. Nessuna dichiarazione ufficiale è ancora stata rilasciata dalle autorità svedesi o dai leader del gruppo “Umeå for Palestine”. I media israeliani hanno tuttavia denunciato prontamente l’accaduto.