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    La valigia di Kappler. Storia della clamorosa fuga del criminale di guerra

    di David Di Segni

    Il filo del passato che si intreccia a quello del presente torna di nuovo al pettine con la pubblicazione del libro dell’attivista e ricercatore d’archivio, Andrea Maori, intitolato “La valigia di Kappler”. Il libro è stato presentato il 23 ottobre presso l’aula magna adiacente alla sinagoga di Via Cesare Balbo a Roma, che ha meritato la presenza del dott. Roberto Olla, giornalista e scrittore italiano, del magistrato Luca Baiada e del presidente della Fondazione Museo della Shoà di Roma, Mario Venezia. Un libro che fa riemergere la misteriosa e, secondo il parere di molti, organizzata storia della fuga di Erbert Kappler dall’ospedale militare del Celio nel quale si trovava per motivi di salute. Kappler si sarebbe nascosto all’interno di una “valigia” o baule, portato via da due persone: un uomo tutt’oggi ignoto ed una donna, la moglie Annalisa Kappler. L’evento è stato non solo motivo di illustrazione dei contenuti del libro, ma anche una lezione di storia volta a ricordare tutti gli eventi del periodo coevo ai fatti narrati.

    Il nome Kappler ci riporta agli anni dell’occupazione tedesca a Roma, dove i nazisti installarono la loro sede a Via Tasso, oggi Museo Storico della Liberazione. Militare, comandante delle SD e Gestapo a Roma, Kappler è il responsabile di una serie di omicidi ed eventi sinistri accaduti durante la sua permanenza nella capitale, tra cui la retata del ghetto di Roma il 16 ottobre 1943 e l’eccidio delle Fosse Ardeatine, rappresaglia organizzata a seguito dell’attentato di Via Rasella. In particolare è stato ricordato una delle centinaia di vittime delle Fosse Ardeatine, Enrico Ferola, il fabbro di Via della Pelliccia, il quale progettò i “chiodi a quattro punte” usati per lacerare le ruote dei carri tedeschi che guidavano per le strade della città. Poi, è stata citata un’altra persona la cui storia è tanto famosa quanto quella di Kappler, la storia del generale tedesco Albert Konrad Kesselring, riconosciuto “criminale di guerra”. Nonostante questa etichetta, nel secondo dopoguerra nulla gli impedì di divenire il consigliere del cancelliere Adenauer. Una vicenda che induce a pensare ed a fare una riflessione, ossia come è possibile che dopo tutto quello che aveva fatto, Kasserling avesse ancora il privilegio di vivere fuori da una cella? E con quale semplicità è accaduto tutto ciò? Forse, sottolinea il dott. Olla, con la stessa semplicità che si rispecchia nelle azioni dell’assassino di Halle, in Germania, che poche settimane fa ha tentato una strage nella sinagoga locale finendo per uccidere due passanti, innocenti anch’essi. È lo stato che lo vuole, basti pensare che in Sassonia circa il 27% dei voti appartiene all’estrema destra. Un’ideologia che trova le sue fonti in cui quelle persone, oggi anziane, che tempo fa esultarono al ritorno in patria di Kappler e Kasserling. Durante la seduta molti i nomi citati, i racconti e le considerazioni, ma una vicenda desta l’attenzione dei presenti e si tratta dell’intreccio politico e dei servizi segreti sviluppatosi alle spalle della vicenda della fuga di Kappler. Di nuovo, il dott. Olla spiega che la situazione economica dell’Italia di quel periodo, quindi negli anni settanta, era quella del primo declino della prestigiosa lira dopo il boom economico degli anni addietro. Questo avrebbe portato l’Italia a doversi appoggiare ad una delle nazioni europee, la Germania, la quale in cambio avrebbe richiesto, oltre alcuni favori, anche la liberazione del suo connazionale il comandante Erbert Kappler. La liberazione era da escludere per un paese come l’Italia, ma non la sua fuga, che avvenne nella notte fra il 14 e il 15 agosto del 1977. I servizi segreti, stando a quanto riportato, sarebbero stati ignari dell’accaduto, come, lo sarebbero stati per tanti altri avvenimenti della nostra storia e, ahimè, molto spesso di quella degli ebrei di Roma, soprattutto riguardo l’attentato alla sinagoga del 9 ottobre 1982. Roberto Olla passa poi la parola al magistrato Luca Baiada, il quale analizza il lato giuridico della vicenda del processo penale militare di Kappler del 1948. Spiega che in quei tempi non fosse possibile costituirsi a parte civile, invece, possibile nel 1996, in occasione del processo Priebke. Invece, la possibilità di chiamare in causa uno stato avverrà ancora più tardi in merito al caso dell’eccidio di Civitella. Solo nel 2008 la cassazione confermò la possibilità di condannare lo stato tedesco. Infine prendono la parola gli invitati. Chi sottolinea l’importanza di indagare riguardo eventi storici tanto oscuri come questo, chi ricorda le reazioni delle persone alla notizia della fuga di Kappler.

    Insomma, un evento carico di nozioni storiche, di intrecci politici e di processi e, soprattutto, un incontro che fa sorgere una moltitudine di punti interrogativi. Come è stato possibile che un criminale di guerra come Kappler sia riuscito a fuggire? Quanto è coinvolto lo stato italiano? E quanto hanno influito i servizi segreti?

     

    David Di Segni

     

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